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DOTTRINA
Secondo la tesi accolta dal Giudice di primo grado, la prelazione storico-
artistica (art. 60, Codice dei beni culturali e paesaggistici) non si sottrarrebbe, al
pari di ogni forma di acquisto di beni immobili effettuato da enti territoriali, alla
prova documentale della “indispensabilità” e “indilazionabilità”.
In tal modo, l’Amministrazione sarebbe sottoposta a un duplice onere
probatorio, dovendo dimostrare di non poter garantire l’esercizio delle proprie
funzioni con altre risorse già nella sua disponibilità e di non poter, altresì, rin-
viare l’acquisto ad altro momento.
Ebbene, condivisibilmente il Consiglio di Stato, ribaltando le conclusioni
accolte, in primo grado, dal TAR Calabria (sez. Prima, n. 563/2022), esclude
che il divieto di acquisto degli immobili sia applicabile all’attività autoritativa
delle amministrazioni territoriali , e ribadisce, una volta di più, che è a quest’ul-
(1)
tima che la prelazione storico-artistica va ricondotta, chiudendo nettamente ad
ogni ricostruzione alternativa dell’istituto secondo i canoni “contrattualistici”
del diritto privato .
(2)
Vero è che, come ci ricorda la denominazione dell’istituto, condivisa e
declinata con dovizia nel diritto privato, la prelazione storico-artistica prende
pur sempre le mosse da una manifestazione di volontà del soggetto privato, la
cui volontà di alienazione del bene culturale si deve essere già concretizzata in
un atto formale.
Vero è, quindi, che essa non può essere esercitata in mancanza di tale pre-
supposto , il negozio di alienazione, appunto, il quale accende il corrisponden-
(3)
te potere dell’Amministrazione, ovverosia il “diritto di precedenza” riconosciu-
to al soggetto pubblico sul soggetto privato - l’acquirente - nell’acquisto di beni
culturali.
Fattore, questo, che distingue, peraltro, la prelazione dalle altre procedure
(1) In senso analogo, d’altronde, si esprime anche l’interpretazione autentica fornita dall’art. 10-bis,
d.l. n. 35/2013.
(2) Cfr., G. Furgiuele, Contributo allo studio della struttura delle prelazioni legali, Milano, 1984, 24 ss.,
per il quale (p. 27) «l’insopprimibile necessità del presupposto costituito dall’atto di aliena-
zione posto in essere dal proprietario consente di concludere per il mantenimento della fat-
tispecie nell’ambito dello schema logico della prelazione»; M.R. Cozzuto Quadri, La circola-
zione delle “cose d’arte”, Napoli, 1997, 51 ss.; A. Caracciolo La Grotteria, I trasferimenti onerosi
dei beni culturali nell’ordinamento italiano e comunitario, Milano, 1998, 49 ss. Per la riconduzione
della prelazione storico-artistica ad un «“terzo spazio” di rilevanza giuridica, nel cui ambito
ricondurre quelle relazioni tra i privati e lo Stato che non possono qualificarsi esclusivamen-
te né in termini contrattuali né alla stregua di attività amministrative discrezionali, ma che
invece assumono una natura ibrida», V. Bongiovanni, La prelazione artistica tra pubblico e priva-
to, in Juscivile, 2020, 1589.
(3) Per l’orientamento per il quale il negozio traslativo potrebbe essere qualificato come “mero
presupposto” con conseguente irrilevanza delle eventuali vicende estintive o modificative del
contratto a monte, cfr. Cons. Stato, sez. Sesta, 27 agosto 2014, n. 433.
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