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DOTTRINA




             dei beni culturali come beni passibili di valorizzazione anche da parte dei pro-
             prietari privati» sembra difficilmente sostenibile che, a realizzare tale esigenza di
             valorizzazione, debbano considerarsi chiamati solo gli enti territoriali diversi
             dallo Stato e che quest’ultimo possa legittimamente prescinderne .
                                                                           (15)
                  Le conseguenze che ne derivano sull’applicazione dell’istituto e sulla sua
             motivazione appaiono di non poco momento.
                  È vero che, come riconosciuto dalla Corte costituzionale, la prelazione
             storico-artistica trova il suo fondamento in Costituzione  e, per di più, si dirige
                                                                  (16)
             esclusivamente su beni dichiarati, rispetto ai quali, cioè, il diritto dominicale
             risulta già incisivamente conformato.
                  Ciononostante, pare tutt’altro che convincente che il trasferimento coatti-
             vo  del  bene  alla  mano  pubblica,  che  consegue  all’esercizio  della  prelazione,
             possa ritenersi uno strumento “ordinario” , già in potenza nel vincolo cultu-
                                                      (17)
             rale e pronto ad espandersi al ricorrere della condizione - l’atto di trasferimento
             a titolo oneroso - senza necessità di ulteriore motivazione .
                                                                     (18)
                  Tutt’altro.
                  Non solo si tratta di un provvedimento fortemente incidente sulla pro-
             prietà privata - che sottrae la res alla commercializzazione -, da considerarsi, per-
             tanto, al pari degli altri atti di trasferimento coattivo della proprietà, una extrema
             ratio, ma anche i suoi presupposti applicativi - sottoposti ad una valutazione
             dagli ampi margini di discrezionalità - sono ben diversi da quelli che giustificano
             il vincolo culturale. Quest’ultimo è, infatti, essenzialmente diretto a garantire la
             conservazione del bene, essendo, per converso, la valorizzazione di beni cultu-
             rali privati, una attività rimessa, salvo poche eccezioni, alla spontanea iniziativa
             del privato .
                       (19)
                  La prelazione è, invece, come si anticipava, dettata dall’esigenza di garan-
             tire, al di là della conservazione, la valorizzazione del bene e il suo pubblico
             godimento.

             (15)  Cfr., G. Clemente Di San Luca, R. Savoia, Manuale di Diritto dei beni culturali, Napoli, 2008,
                  281.
             (16)  V., la sent. n. 221 del 2007, ove si afferma che «è nell’art. 9 Cost. (…) che ha il suo fonda-
                  mento l’istituto della prelazione riguardo ai beni culturali, la quale “si giustifica nella sua spe-
                  cificità in relazione al fine di salvaguardare beni cui sono connessi interessi primari per la vita
                  culturale del paese”».
             (17)  Si esprime in questo senso, P. De Martinis, Prelazione artistica: vecchi e nuovi temi, in Responsabilità
                  civile e Previdenza, 2016, 1021.
             (18)  Cfr., ancora, P. De Martinis, Prelazione artistica: vecchi e nuovi temi, cit., 1021.
             (19)  Eccezion fatta per le limitate circostanze nelle quali il privato può essere gravato di obblighi
                  di valorizzazione del bene culturale di cui sia proprietario, in via generale il Codice qualifica
                  la valorizzazione come attività socialmente utile, avente una finalità di solidarietà sociale,
                  rimettendola, conseguentemente, alla volontaria iniziativa del privato (art. 111, comma 4).

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