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DOTTRINA
«evitare comportamenti che, anche se nel caso specifico possono essere dettati
dalle migliori intenzioni, nell’ipotesi normale sono volti a ottenere privilegi
indebiti e risultano particolarmente sgradevoli ai cittadini» .
(22)
Per i soggetti tenuti al giuramento non viene naturalmente meno questo
dovere di disciplina e onore come dovere di un comportamento che sia anche
percepito in linea con le attese legate al ruolo rivestito e ci si potrebbe accon-
tentare di dire che il suo obiettivo è semplicemente quello di rassicurare il pub-
blico, con la forza di una promessa solenne, sul fatto che quelle attese non
saranno tradite. Se così fosse, tuttavia, il sé conserverebbe la sua libertà di non
identificarsi sinceramente con il suo ruolo, con ciò che per obbligo di funzione (o
per convenzione) si trova a fare . La costituzionalizzazione del giuramento in
(23)
uno stato democratico sottende probabilmente qualcosa di più: la consapevo-
lezza che, in alcuni casi, la questione dell’integrità rispetto al ruolo si pone con
una forza particolare (rispetto agli altri dipendenti pubblici, che pure non la
ignorano) come questione anche di adesione interiore, per le ragioni già emerse
nel dibattito che si svolse nella Costituente.
Il democristiano Fiorentino Sullo, intervenendo nella seduta del 20 mag-
gio 1947 per proporre la soppressione del secondo comma dell’art. 50 del
Progetto e la sua fusione con l’art. 51, parla del giuramento come di un
«obbligo più grave per chi non è un cittadino qualsiasi». Quest’ultimo «ha un
solo dovere, quello di difendere la Repubblica ed obbedirle in quanto cittadi-
no. Il Capo dello Stato, i membri del Governo hanno un doppio dovere, non
solo come cittadini, ma anche come strumenti di cui la collettività si serve per
l’esercizio delle proprie funzioni». È vero che la fedeltà a una Repubblica nella
quale la sovranità appartiene al popolo «non comporta alcun rapporto di
subordinazione», perché si tratta di «essere fedeli non ad altro da sé, ma alle
stesse istituzioni che ci rappresentano […]» . Ma è altrettanto vero, per
(24)
riprendere le parole di Togliatti, che ci sono alcuni che spiccano per potere.
Non c’è evidentemente garanzia che giurino ciò in cui davvero credono, ma
questo atto funziona – l’ho appena ricordato – come rassicurazione offerta
(22) Ibidem. Per fare un altro esempio: «Quando l’impiegato rifiuta una prestazione affermando
genericamente di avere troppo da fare, il cittadino non può sapere se ciò è vero, e ne riceve
un’impressione negativa» (ibidem).
(23) Per Adam Seligman è la ritualizzazione di una serie di attività, cioè la loro sistematica ripeti-
zione in determinate circostanze, a partire dalle formule di cortesia della vita di tutti i giorni,
a garantire la stabilità di un mondo nel quale al sé viene, in modo apparentemente contro-
intuitivo, lasciato più room to wander rispetto alla situazione nella quale fosse la sincerità (la
puntuale conformità degli atti esterni alle convinzioni interiori) a costituire «la matrice del-
l’ordine sociale» (A. Seligman, Ritual and sincerity. Certitude and the other, in «Philosophy &
Social Criticism», 36, n. 1, 2010, p. 13).
(24) G.M. Salerno, Art. 54, cit., p. 1080.
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