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UN DOVERE SPECIALE VERSO LA REPUBBLICA E LA COSTITUZIONE.
DISCIPLINA, ONORE, GIURAMENTO
quello che si vuole essere. Può forse essere questa la spiegazione anche di una
norma come quella contenuta nella Direttiva sulla regolamentazione dei tatuag-
gi dello Stato Maggiore dell’Esercito, datata 26 luglio 2012, con la quale veniva-
no proibiti i tatuaggi visibili nel caso di utilizzo di determinate uniformi, ma
anche quelli, su qualsiasi parte del corpo, «che abbiano contenuti osceni, con rife-
rimenti sessuali, razzisti, di discriminazione religiosa o che comunque possano
portare discredito alle Istituzioni della Repubblica Italiana ed alle Forze
Armate». Non è sufficiente che il disallineamento interiore dai principi e dai
valori della Repubblica rimanga nascosto. Forse non solo per la preoccupazione
che, alla fine, quella svastica o quel motto razzista qualcuno possa comunque
vederli.
5. Una libera adesione ai valori della democrazia
«Il dovere – ha scritto giustamente Maurizio Viroli – è libertà» e non una sua
restrizione: «Sentire un dovere vuol dire che la nostra coscienza ci comanda di
agire in un determinato modo. Il dovere in senso proprio è dunque un comando
che ci diamo da soli. Obbedire a un dovere significa dunque obbedire soltanto a
noi stessi, non a un’altra persona, non alla società e nemmeno allo Stato. Il dovere
è diverso dall’obbligo. Il primo è un comando della coscienza; il secondo è il
comando di un’autorità esterna […] Proprio perché è esperienza puramente inte-
riore, il dovere è una forma di libertà che nessuna forza umana può toglierci» .
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C’è bisogno di questa esperienza interiore di libertà per servire bene la Repubblica
e, soprattutto, per avere la forza necessaria «per assolvere compiti che comporta-
no fatiche, delusioni e pericoli». Sarà difficile, soprattutto pensando ai pericoli,
trovare questa forza morale in semplici burocrati o ottimi cortigiani . Il senso del
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dovere che si radica in questa interiorità e in questa forza guarda ai principi e non
solo alle regole, nella prospettiva efficacemente riassunta da Gustavo Zagrebelsky.
Alle regole si obbedisce, ai principi si aderisce e per questo è importante comprendere
«il mondo di valori, le grandi opzioni di civiltà di cui sono parti, alle quali le parole
non fanno che una semplice allusione». I principi ci danno «criteri per prendere posi-
zione di fronte a situazioni a priori indeterminate» ed essi acquistano un concreto
significato operativo solo «facendoli “reagire” con qualche caso particolare».
(31) M. Viroli, Etica del servizio ed etica del comando, Napoli, Editoriale Scientifica, 2018, pp. 9-10.
(32) Cfr. ivi, pp. 14-15. Alimentano questa forza, per Viroli, passioni come il senso dell’onore, che
corrisponde al «valore che abbiamo ai nostri occhi se assolviamo i nostri doveri», lo sdegno
«che proviamo di fronte all’ingiustizia» e che può essere definito «l’ira dei buoni», la carità
intesa come «sofferenza che proviamo nei confronti di chi subisce ingiustizia» ed è «il fon-
damento dell’amore della patria nel suo significato più nobile» (ivi, pp. 19-22).
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