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DOTTRINA




                  Si tratta di due modifiche positive che, tuttavia, non fanno i conti con il
             vero problema del sistema penale legato alla sua ipertrofia.
                  In conclusione, v’è da constare come la riforma della giustizia penale si sia
             mossa operando un’inversione metodologica che pretende di risolvere i proble-
             mi dell’ipertrofia del sistema penale intervenendo, invece che sul diritto sostan-
             ziale, sul processo, orientandolo sempre di più a principi di efficienza azienda-
             listica di cui sono evidenti forme il nuovo art. 407-bis c.p.p., a norma del quale
             il pubblico ministero esercita l’azione penale o richiede l’archiviazione entro tre
             mesi dalla scadenza del termine di cui all’art. 405, comma 2, o, se ha disposto
             la notifica dell’avviso della conclusione delle indagini preliminari, entro tre mesi
             dalla scadenza dei termini di cui all’art. 415-bis, comma 3 e 4 c.p.p. Il termine e
             di nove mesi nei casi di cui all’art. 407, comma 2, c.p.p. Il mancato rispetto del
             termine può comportare l’attivazione facoltativa del meccanismo dell’avocazio-
             ne da parte del Procuratore Generale presso la Corte d’Appello previsto dal-
             l’art. 412 c.p.p., secondo cui “il procuratore generale presso la Corte d’appello
             può disporre con decreto motivato l’avocazione delle indagini preliminari” e la
             possibilità, prevista dal nuovo art. 415-ter c.p.p., dell’“indagato” e della persona
             offesa di chiedere l’intervento del giudice delle indagini preliminari. In partico-
             lare, la riforma ha previsto l’obbligo per il pubblico ministero che non rispetti
             il cosiddetto termine di riflessione - salvo il tempestivo ottenimento di un’autoriz-
             zazione al differimento delle sue iniziative da parte del Procuratore Generale
             presso la Corte d’Appello - di depositare in segreteria la documentazione rela-
             tiva alle indagini espletate, avvisando l’indagato e la persona offesa della facoltà
             di esaminarla e di estrarne copia.
                  Si tratta a mio avviso di una norma punitiva e fortemente “ipocrita”, figlia
             di quell’inversione metodologica di cui si è già detto, che, non tenendo conto
             delle notevoli difficoltà in cui versano attualmente gli uffici giudiziari e quelli di
             polizia,  esprime  una  forte  diffidenza  ‘culturale’  nei  confronti  delle  Procure.
             L’irragionevolezza dei tempi del procedimento, infatti, pare essere innanzitutto
             il frutto avvelenato dell’ipertrofia del sistema penale, invece che di una pretesa
             (mai dimostrata) pigrizia “definitoria” dei pubblici ministeri.











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