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DOTTRINA
il difensore, allo scopo di poter conoscere i propri diritti e le possibilità offerte
dall’ordinamento per tutelarli e per evitare o attenuare le conseguenze pregiu-
dizievoli cui si è esposti” .
(75)
Tale principio trova piena attuazione nell’art. 103 c.p.p., la cui ratio è quella
di garantire il libero dispiegamento dell’attività difensiva e del segreto professio-
nale, a tutela dell’inviolabilità della difesa, diritto fondamentale dell’individuo.
Inoltre secondo quanto disposto dal comma 7 dello stesso articolo, coordinato
con l’art. 271 c.p.p. , nelle ipotesi di intercettazioni eseguite fuori dalle previ-
(76)
sioni ex lege, sorgerebbe, oltre al divieto di utilizzazione, anche il divieto di tra-
scrizione del contenuto .
(77)
L’art. 103 c.p.p. costituisce norma speciale, rispetto alla tutela del segreto
difensivo, posta dal legislatore per assegnare contenuti concreti e specifici alla
garanzia di libertà della funzione difensiva e per vietare “intrusioni”, della
(78)
controparte processuale, nello svolgimento della difesa quale diritto costituzio-
nalmente garantito. La norma, con i suoi “limiti”, si pone, quindi, a presidio
della garanzia di segretezza sui contenuti dell’attività e dei colloqui difensivi, dal
momento che tale segretezza, è funzionale all’attività difensiva. Il comma 5
dell’art. 103 c.p.p., prevede il divieto di intercettazione di comunicazioni relative
a conversazioni o comunicazioni dei difensori, degli investigatori privati auto-
rizzati e incaricati in relazione al procedimento, dei consulenti tecnici e loro
ausiliari, nonché il divieto di intercettazione tra gli stessi e le persone assistite .
(79)
Il tenore letterale del divieto posto dall’art. 103, comma 5, lascia intendere
che non deve essere mai ammessa, per gli inquirenti, alcuna forma, neppure
accidentale o involontaria, di apprensione del contenuto di comunicazioni o
conversazioni riguardanti l’esercizio dell’attività della difesa.
Rilevanti sono, in tema di garanzie di libertà dei difensori, i principi posti
dalla giurisprudenza di legittimità che hanno ampliato l’operatività del divieto
sia riguardo all’ambito di applicazione che ai soggetti per i quali opera il divieto.
(75) Così, Corte Costituzionale, Sentenza n. 212 del 1997.
(76) La norma disciplina il divieto di utilizzazione delle intercettazioni poste in essere al di fuori
dei limiti di ammissibilità. La ratio della norma sta nell’esigenza di garantire la libertà e della
segretezza delle comunicazioni (art. 15 Cost).
(77) Art. 103, comma 7 c.p.p., per cui “..., quando le comunicazioni e conversazioni sono comun-
que intercettate, il loro contenuto non può essere trascritto, neanche sommariamente, e nel
verbale delle operazioni sono indicate soltanto la data, l’ora e il dispositivo su cui la registra-
zione è intervenuta”. Comma così modificato dall’art. 9, d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216.
(78) Cfr. Relazione al progetto preliminare al c.p.p., Roma, 1988, 46.
(79) Il comma è stato così modificato dall’art. 1 della legge 7 dicembre, 2000, n. 397 (Gazz. Uff.
3 gennaio 2001, n. 2). Il testo precedentemente in vigore era il seguente: “Non è consentita
l’intercettazione relativa a conversazioni o comunicazioni dei difensori, consulenti tecnici e
loro ausiliari, né a quelle tra i medesimi e le persone da loro assistite”.
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