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AGRO ECO AMBIENTE




                  È vero che nessuno può proibire agli operatori commerciali di fare i propri
             conti e di stabilire il giusto prezzo dei prodotti, così come, solo attraverso un’ana-
             lisi approfondita dei costi si può determinare il giusto ricavo dal prodotto finito.
                  Spesso tale pratica commerciale rivela, tuttavia, una sostanziale dipendenza
             economico-organizzativa del fornitore rispetto all’operatore proponente. La ven-
             dita sottocosto dei prodotti agricoli e alimentari freschi e deperibili resta, dunque,
             consentita solo nel caso di prodotto invenduto a rischio di deperibilità oppure
             nel caso di operazioni commerciali programmate e concordate con il fornitore in
             forma scritta. In caso di violazione della disposizione, il prezzo stabilito dalle
             parti è sostituito di diritto, ai sensi dell’articolo 1339 del codice civile, dal prezzo
             risultante dalle fatture d’acquisto oppure, qualora non sia possibile il riscontro
             con le fatture d’acquisto, dal prezzo calcolato sulla base dei costi medi di produ-
             zione rilevati dall’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA)
             ovvero, in mancanza di quest’ultimo, dal prezzo medio praticato per prodotti
             similari nel mercato di riferimento. Ma a destare allarme è, in generale, la forni-
             tura  di  prodotti  alimentari  mediante  l’imposizione  di  condizioni  contrattuali
             eccessivamente gravose per il venditore, ivi compresa quella di vendere prodotti
             agricoli e alimentari a prezzi al di sotto dei costi di produzione (art. 5, lett. b) .
                                                                                      (25)
                  In  precedenza,  nelle  relazioni  commerciali  tra  operatori  economici  era
             stato, infatti, introdotto il divieto di imporre direttamente o indirettamente con-
             dizioni di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente
             gravose non che condizioni extracontrattuali e retroattive. Erano comprese le
             pratiche in grado di determinare, in contrasto con il principio della buona fede
             e della correttezza, prezzi palesemente al di sotto dei costi di produzione medi
             dei prodotti oggetto delle relazioni commerciali e delle cessioni da parte degli
             imprenditori agricoli (art. 4, comma 2, lett. c, del D.M. 199/2012).
                  Il decreto per il rilancio del settore lattiero-caseario ha, quindi, previsto
             specifiche  misure  a  tutela  della  filiera  del  latte  con  l’obiettivo  di  rafforzare
             l’equilibrio nelle relazioni contrattuali (art. 2, comma 2, del d.l. 51/2015). La
             mancanza di almeno una delle condizioni richieste dall’articolo 168, paragrafo
             4, del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio,
             del 17 dicembre 2013, nel caso in cui sia fissato dall’acquirente un prezzo signi-
             ficativamente inferiore ai costi medi di produzione risultanti dall’elaborazione
             dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) in conformità
             al comma 2, costituiva, in ogni caso, una pratica commerciale sleale (art. 10-qua-
             ter del d.l. 29 marzo 2019, n. 27).

             (25)  L. COSTANTINO, La problematica dei prezzi dei prodotti agricoli: strumenti normativi di tutela tra antichi
                  problemi e nuove crisi, in Riv.dir.agr., 2020, I, 783.

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