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DOTTRINA






























                  Altra  disposizione  di  interesse  è  l’art.  1349,  c.o.m.,  avente  ad  oggetto
             “ordini militari”, il cui primo comma stabilisce che “gli ordini devono, confor-
             memente alle norme in vigore, attenere alla disciplina, riguardare le modalità di
             svolgimento del servizio e non eccedere i compiti di istituto”.
                  Analizzando in combinato disposto l’art. 833, c.n., che, come visto sub 1.I,
             dispone che “il comando dell’aeromobile [possa, n.d.a.] essere dato soltanto a
             persone munite della prescritta abilitazione”, con gli artt. 492 e 1349, c.o.m.,
             appena analizzati, si può evincere un principio generale che potrebbe essere
             espresso nei seguenti termini “con riguardo alle attività tecniche e specialistiche
             inerenti la condotta del volo e la flight safety, il comandante dell’aeromobile mili-
             tare non è soggetto all’autorità di alcun superiore gerarchico presente a bordo
             salvo che lo stesso non sia in possesso di tutti i brevetti e le abilitazioni previste
             per la condotta di quello specifico velivolo nel qual caso, purché sia stato dichia-
             rato «allenato e addestrato», il superiore gerarchico può assumere il comando
             del velivolo per la successiva condotta della missione”.
                  Tale principio, non nuovo né innovativo  nel mondo militare, risponde
                                                         (36)
             all’esigenza di tutelare sia l’autonomia decisionale, nella materia tecnico specia-
             listica, del comandante dell’aeromobile militare sia l’aspettativa del superiore
             gerarchico di emanare ordini che non restino disattesi purché, avendo egli le
             competenze specialistiche per emanare quell’ordine, assuma de facto il comando
             del velivolo.


             (36)  Una previsione simile è contenuta nell’art. 1370, comma 3, lettera e), t.u.r.o.m., nella parte in
                  cui prevede che, nel procedimento disciplinare, il militare difensore “non può essere punito
                  per i fatti che rientrano nell’espletamento del mandato”.

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