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DOTTRINA
Gli ostacoli e le incomprensioni che incontra nel suo “sforzo di valere”
possono portarlo al crimine, l’occasione per compensare la propria inferiorità e
per accentrare su di sé l’attenzione generale . Il legame tra devianza e antiso-
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cialità viene esaminato da Bowlby che evidenzia come la carenza di affetto da
parte delle figure genitoriali o un loro atteggiamento eccessivamente severo e
punitivo, possa causare nel figlio conflitti non risolti e sensi di colpa tali da con-
durlo al comportamento deviante . La teoria eziologica della delinquenza indi-
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viduale inconscia di Johnson e Szurek parte proprio da questo assunto, cioè dal
presupposto che il modo di essere antisociale del minore sia inconsciamente
incoraggiato e sanzionato dai genitori, che ottengono, attraverso l’agire del
figlio, soddisfazione per i loro impulsi proibiti. Infatti, la inconscia approvazione
e l’incoraggiamento indiretto da parte dei genitori possono essere una delle
cause della condotta antisociale. A. M. Johnson in Juvenile Delinquency fa notare
come in certi casi i genitori incoraggiano una particolare condotta antisociale e
in questo modo ne ottengono indirettamente soddisfazione .
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Le condotte antisociali per lo sfogo di impulsi proibiti dei genitori si rico-
noscono a volte per il chiaro atteggiamento di approvazione di questi ultimi,
rilevabile nel raccontare in modo dettagliato «le imprese» del figlio, come se ne
fossero affascinati, salvo poi rimproverarlo e punirlo. Secondo Johnson e Szurek,
con il processo di soddisfazione vicariante si possono spiegare solo le manife-
stazioni di delinquenza individuale, a opera di giovani appartenenti alle classi
sociali agiate, mentre appare più difficile interpretare le condotte di delinquenti
appartenenti a bande per i quali le motivazioni sono di diverso tipo.
Anche secondo Mailloux, sostenitore della cosiddetta “psicologia della
pecora nera”, l’origine delle condotte delinquenziali di un ragazzo sarebbero
legate all’immagine negativa che i genitori hanno di lui .
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(73) S. FREUD, A. ALDLER, C.G. JUNG, Psicoanalisi e filosofia, a cura di A. CRESCINI, La Scuola,
Brescia, 1983, pag. 118; A. DELL’ANTONIO, La famiglia, in Ragazzi di mafia, ed. F. Angeli,
Milano, 1993, pag. 204.
(74) J. BOWLBY (1969), Attaccamento e perdita, Vol. 1: L’attaccamento alla madre. Tr. it. Boringhieri,
Torino, 1972. L’Autore ha elaborato la teoria dell’attaccamento. Ritiene che l’interazione anti-
sociale sia determinata dalla perdita dell’oggetto d’amore e del relativo attaccamento che
struttura il rifiuto di legami affettivi nel timore di riperderli. La perdita dell’oggetto impedisce
al bambino di far “durare l’immagine buona protettiva e quindi di tollerare le inevitabili fru-
strazioni nella soddisfazione dei suoi desideri determinando difficoltà adulte di adattamento
e ricercando” secondo Debuyst “compensazione nel possesso di cose materiali”.
(75) A. BALLONI, Criminologia in prospettiva, Clueb, Bologna, 1983, “La personalità psicopatica del-
l’età adulta, a volte, non è altro che la maturazione di un figlio cresciuto con difetti nell’ambito
della coscienza etica, che poi si trova sul banco degli imputati per furto, violenza o peggio.
Lo studio di tali personalità mette infatti in evidenza, assai spesso, l’appoggio disonesto che
i genitori hanno fornito al giovane che ha trasgredito contro l’altrui proprietà”.
(76) Oltre al giudizio degli altri, la formazione dell’identità personale è influenzata anche dalla
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