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DALLA DEVIANZA ALLA DELINQUENZA
4. Le teorie psicoanalitiche
Le ipotesi di lavoro e le argomentazioni teoriche che affrontano la
devianza, e in particolare quella minorile, esigono addirittura un approccio sia
psicodinamico sia sociologico al problema. In disaccordo con le teorie biologi-
che si sono sviluppate numerose interpretazioni di tipo sociopsicologico sul cri-
mine, che hanno enfatizzato l’importanza e il ruolo dell’autore nella criminoge-
nesi e nella criminodinamica.
Lo studio di queste teorie si propone di individuare le componenti di vul-
nerabilità individuali di certi soggetti di fronte al rischio di tipo criminalizzante,
ricercando quei fattori che determinano le diverse reazioni di fronte alle solle-
citazioni provenienti dall’ambiente circostante. Per la comprensione dei fatti
comportamentali devianti e criminosi è, infatti, necessario evidenziare come le
cause della devianza vadano ricercate anche nella formazione della personalità
dell’individuo . Punto di partenza è l’indagine su quelle componenti psicolo-
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giche o di personalità , quali il temperamento, il carattere e la personalità, che
(58)
espongono l’uomo al rischio di agire illegale .
(59)
Per molti anni, psichiatri e psicologi hanno discusso sul perché alcuni sog-
getti diventassero aggressivi e violenti, ma nonostante ciò non si era giunti ad
un’esaustiva spiegazione e per alcuni si trattava di personalità criminali tout court.
La prima interpretazione soddisfacente sull’argomento si deve a Sigmund
Freud (1856-1939), fondatore della psicoanalisi. Egli diede un fondamentale
contributo alle teorie sullo sviluppo della personalità e le sue idee sono state uti-
lizzate dai criminologi per spiegare il comportamento antisociale. Nei suoi scritti
sostiene che la personalità è il risultato dell’esperienza sociale sottolineando
l’importanza delle esperienze nella prima infanzia e dei conflitti tra i bisogni
dell’individuo e le richieste della società .
(60)
(57) G. PONTI, Compendio di criminologia, 1999. Questo termine deriva etimologicamente da temperà,
cioè mescolanza riferita agli umori. Lo si rintraccia, come già visto, nelle dottrine costituzionali
di Ippocrate e, soprattutto, di Galeno sui quattro temperamenti, a seconda del prevalere di
uno dei quattro umori di cui si riteneva allora composto l’organismo umano.
(58) G. PONTI, op. cit.; A. WILHEM, H.J. EYSENCK, R. MEILI, Dizionario di psicologia, Edizioni Paoline,
Roma, 1975.
(59) Dal latino persona «maschera» degli attori. Ponti, rifacendosi al rapporto di «causalità circo-
lare» tra realtà psicologica e realtà sociale, la definisce «come il complesso delle caratteristi-
che di ciascun individuo quali si manifestano nelle modalità del suo vivere sociale, e può
essere intesa come la risultante delle interrelazioni del soggetto con i gruppi e con l’ambiente»;
G.W. ALLPORT, Psicologia della personalità, 1937. Secondo la definizione di Allport «la personalità
è l’organizzazione dinamica all’interno dell’individuo di quei sistemi psicofisici che determinano il suo adat-
tamento unico all’ambiente».
(60) C.L. MUSATTI, Freud: con antologia freudiana, Torino, Boringhieri, 1970; S. FREUD, Alcuni tipi di
carattere tratti dal lavoro psicoanalitico: il delinquente per senso di colpa (1916), in Opere, vol. 8, 1915-1917,
Torino, Boringhieri, 1976.
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