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DOTTRINA




                    secondo la teoria culturale della devianza la delinquenza nascerebbe, invece,
             dal contrasto di valori culturali. Sutherland e Cressey  ritengono che una per-
                                                               (37)
             sona commette un reato “a causa di un eccesso di definizioni favorevoli alla vio-
             lazione della legge, contro altre definizioni non favorevoli alla violazione della
             legge”. Tale ipotesi definita “dell’associazione differenziale” si riferisce al muta-
             mento dell’equilibrio fra le definizioni che l’individuo ha imparato ad associare
             a ciò che è legale o illegale. Gli Autori  affermano che il comportamento cri-
                                                 (38)
             minale si apprende attraverso l’associazione interpersonale con altri individui
             che sono già criminali. Così spiegando tutti i tipi di condotta criminosa e il per-
             ché, a parità di condizioni economiche, certi soggetti si dedicano al delitto ed
             altri no . Ciò dipenderebbe dai fattori di priorità, di frequenza, di durata e di
                    (39)
             intensità dei contatti interpersonali con associazioni in cui si valuta positiva-
             mente o negativamente la violazione di legge. Questa teoria, ben presto criticata
             perché incapace di spiegare la criminalità di quei soggetti che non hanno mai
             avuto contatti con criminali, aprì la strada alla teoria della identificazione diffe-
             renziale secondo la quale l’apprendimento del comportamento criminale non
             avviene solo attraverso il rapporto interpersonale diretto, ma può realizzarsi
             anche con un processo di identificazione consapevole o inconscio con modelli
             antisociali. Un approfondimento particolareggiato di questo approccio potrebbe
             ad esempio, far meglio comprendere il grave rischio legato alla diffusione di
             immagini e notizie on line sulle quali si basa il “culto della violenza” in rete.
                  Il tema dello sviluppo e del cambiamento del comportamento umano
             indotto dall’ambiente fisico e sociale in cui si vive è stato studiato anche dalla
             rinomata Scuola di Chicago . Gli studiosi di scienze sociali che all’inizio del
                                        (40)
             XX secolo si dovettero confrontare con fenomeni sociali inediti, tra i quali

             (37)  E.H. SUTHERLAND, D. CRESSEY, Principles of  criminology, J.B. LIPPINCOT, New York, 1970.
             (38)  E.H. SUTHERLAND, D.R. CRESSEY, Criminologia, trad. Zanchetti M., 1996. Ciò avviene quando:
                  a) vi è socializzazione difettosa o mancante (es. si pensi ad uno studente di classe sociale infe-
                  riore estraniato dalla protezione e dal favoritismo offerta ad un suo collega di classe sociale
                  superiore); b) deboli sanzioni per certi delitti (es. colletti bianchi); c) vi sia inefficienza o cor-
                  ruzione (es. precariato e raccomandazioni).
             (39)  P. FRANK, M. MC SHANE, Devianza e criminalità, Il Mulino, Bologna 2002 pag. 72.
             (40)  C.R. Shaw, H.D. Mac Kay elaborarono negli anni Quaranta la teoria ecologica o delle aree cri-
                  minali. Il loro lavoro si è concentrato sulle aree delinquenziali, cioè su un tipo speciale di area
                  naturale che incoraggiava i rapporti simbiotici fra diversi tipi di devianza. Gli atti criminali
                  venivano localizzati su una mappa di Chicago insieme al luogo di residenza dell’attore devian-
                  te; questi dati venivano correlati, ad esempio, al tasso di densità della popolazione e/o al tasso
                  di età della popolazione. I due sociologi approdarono a delle piccole scoperte, storicamente
                  confinate alla realtà chicagoana del tempo: il tasso del comportamento delinquente era inver-
                  samente proporzionale alla distanza dal centro della città. L’area criminogena registrava le
                  quote più alte di suicidi, di malattie mentali, di casi di prostituzione e ciò si sovrapponeva ad
                  una zona di transizione contrassegnata da forte marginalità e da profondo degrado morale.

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