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DALLA DEVIANZA ALLA DELINQUENZA




               l’industrializzazione, lo sviluppo delle grandi città, l’immigrazione di massa, con-
               siderarono le città come principali responsabili dei problemi sociali e l’indeboli-
               mento delle relazioni sociali primarie come un processo di disgregazione sociale,
               principale chiave di lettura dell’origine della criminalità. La crescita delle città,
               secondo un modello a zone concentriche, fornì alla Scuola di Chicago le basi per
               spiegare la criminalità e la delinquenza. Shaw e Mckay  hanno dimostrato che
                                                                   (41)
               i tassi più alti di delinquenza a Chicago si concentravano nelle zone deteriorate
               di transizione, vicino al centro degli affari e al distretto industriale, mentre dimi-
               nuivano man mano che aumentava la distanza dal centro della città. Questi dati
               indussero i due studiosi a concludere che il comportamento delinquenziale fosse
               legato al processo di crescita della città. Indagando sui rapporti tra sistemi sociali
               di singoli quartieri e i processi di crescita delle grandi città, hanno concluso che
               i modelli delinquenziali vengono trasmessi socialmente nelle aree di disorganiz-
               zazione sociale, dove sorgono sottoculture delinquenziali autonome, perpetuate
               attraverso un processo di “trasmissione culturale”: come descritto anche da Park
               e Burgess  nelle aree dove vi è la forza disintegrante della industrializzazione,
                         (42)
               la comunità non riesce più a svolgere una efficiente funzione di controllo sociale.
               Secondo la teoria della trasmissione culturale, i giovani delle aree socialmente
               disgregate avrebbero maggiori possibilità di stare a contatto con individui crimi-
               nali subendone l’influenza. Attraverso quello che è stato definito l’interazioni-
               smo simbolico si sviluppa pertanto l’idea che il comportamento umano sia il
               prodotto di simboli sociali scambiati tra individui . Sono i simboli, che recano
                                                               (43)
               in sé dei significati, ad influenzare il nostro modo di vedere la realtà che ci cir-
               conda. Senza dimenticare che noi tendiamo ad autodefinire noi stessi anche in
               base alla percezione che gli altri hanno di noi ;
                                                           (44)
                      al contrario della teoria del controllo, nella teoria della tensione la delinquenza si
               verifica quando sono ostacolate le opportunità convenzionali per raggiungere suc-
               cesso, educazione, carriera, ricchezza. Quindi la spinta verso la delinquenza è gene-
               rata non da motivi patologici e devianti, ma da desideri normali e legittimi. La causa
               non è nell’individuo o nella famiglia, ma nelle barriere che ostacolano il raggiungi-
               mento delle opportunità. Merton , Cloward, Cohen sostenevano, nello specifico,
                                              (45)
               che  la  teoria  della  condizione  anomica  della  società  favorirebbe  la  devianza.

               (41)  C.R. SHAW, H.D. MC KAY, Social factor in juvenile delinquency, in Report on the causes of  crime, vol. II,
                    Government printing office, Washington, D.C., 1931.
               (42)  R.E. PARK, R. W. BURGESS, The city, in The university of  Chicago press, Chicago, 1925.
               (43)  G.H. MEAD, Mind, Self  and Society, University of  Chicago Press, Chicago, Ill, 1934. (trad. it.:
                    Mente, sé e società, Giunti, Firenze, 1992).
               (44)  W. THOMAS, On Social Organization and Social Personality, University of  Chicago Press, Chicago, Ill, 1966.
               (45)  R.K. MERTON, Strutture sociali e anomia, in American Sociological Review, 1938, 3, pag. 672.

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