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                  Si tratta di un approdo ermeneutico che rafforza il contrasto all’abuso
             delle denominazioni di origine , giacché espande l’ambito di operatività della
                                          (25)
             (ancora pressoché inesplorata) fattispecie in disamina, ponendosi peraltro in con-
             tinuità con la pregressa giurisprudenza formatasi sotto gli artt. 515  e 516 c.p. ,
                                                                          (26)
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             a suo tempo applicabili anche alle denominazioni geografiche protette.
                  Invero, il Disciplinare di produzione - che muove da un procedimento
             «multilivello» e «compos(i)to», caratterizzato da fasi che si svolgono sia a livello
             nazionale che comunitario, prendendovi parte sia soggetti nazionali che euro-
             pei  - include, tra i contenuti minimi indefettibili, il luogo di produzione, il
               (28)
             (25)  In argomento si veda CONSULICH, La pena e il confine. La repressione delle abusive indicazioni di pro-
                  venienza geografica tra diritto penale e libero mercato, in Annali italiani del diritto d’autore, della cultura e
                  dello spettacolo, Milano, 2016, 128 ss.
             (26)  Cass. Sez. Terza Pen. 21 gennaio 2014, n. 2617, Di Bianco, Rv. 258585: fattispecie in cui la
                  S.C. ha ritenuto la configurabilità del reato di cui all’art. 515 c.p. nell’ipotesi di confezioni
                  riportanti sull’etichetta le denominazioni «Prosciutto di Parma» e «Prosciutto San Daniele»,
                  sebbene le attività di affettamento del prodotto fossero avvenute con modalità diverse da
                  quelle previste nel disciplinare DOP, il quale - si legge in parte motiva - «regola appunto le
                  varie fasi di lavorazione del prodotto, tra cui quella dell’affettamento, che deve avvenire presso
                  laboratori situati nella zona tipica, attrezzati in modo specifico e preventivamente riconosciuti
                  dall’organismo abilitato (art. 25)»; Cass. Sez. Terza Pen. 25 agosto 2004, n. 34936, Bisogno,
                  Rv. 229561, in Riv. pen., 2005, 1238, secondo cui è configurabile il reato di frode nell’esercizio
                  del commercio qualora venga consegnata all’acquirente mozzarella qualificata come di «bufala
                  campana DOP», la quale sia stata prodotta, anche se solo in parte, con latte bufalino surgelato
                  anziché fresco, dovendosi ritenere obbligatorio, per il detto tipo di alimento, l’impiego esclu-
                  sivo del latte fresco, come è dato desumere dal disposto di cui all’art. 3 del relativo disciplinare
                  di produzione approvato con d.p.c.m. 10 maggio 1993, nella parte in cui stabilisce che «il latte
                  dev’essere consegnato al caseificio entro la sedicesima ora dalla mungitura»; cfr. altresì Cass.
                  Sez. Quinta Pen. 31 maggio 1997, n. 5127, Solaro, Rv. 207897, in Dir. giur. agr. amb., 1997, II,
                  649, con nota di MAZZA, Denominazione DOC e superamento del quantitativo massimo di produzione
                  di uva: nella fattispecie la S.C. ha ritenuto che una produzione di vino superiore a quella fissata
                  dal disciplinare di produzione non è utilizzabile ai fini della DOC indipendentemente dalle
                  cause che hanno determinato l’eccedenza; può perciò legittimamente contestarsi la violazione
                  dell’art. 515 c.p., fatta salva la verifica della sussistenza dell’elemento psicologico.
             (27)  Cass. Sez. Terza Pen. 31 marzo 2006, n. 6943, Bigi ed a., in Riv. pen., 2007, 97, secondo cui con-
                  figura il reato di vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, la vendita di un ali-
                  mento prodotto senza il rispetto di tutte le modalità di produzione prescritte dal disciplinare,
                  come nel caso di violazione delle modalità di alimentazione degli animali destinati alla produzione
                  del latte con il quale viene preparato un formaggio individuato dal regolamento sul riconoscimen-
                  to delle denominazioni. (Fattispecie relativa alla violazione del d.p.r. 9 febbraio 1990 contenente
                  disciplinare di produzione della denominazione di origine del formaggio parmigiano reggiano).
             (28)  Si tratta di un procedimento «multi-livello» perché parte su iniziativa dei produttori, passando
                  in primis per la Regione, e poi per il Ministero (con il parere tecnico del Comitato Vini), e
                  termina dinanzi alla Commissione europea; è altresì «composito» (o «composto»), sia sotto il
                  profilo strutturale, perché è caratterizzato da fasi che si svolgono sia a livello nazionale che
                  comunitario, sia dal punto di vista soggettivo, poiché vi prendono parte sia soggetti nazionali
                  che europei (CONTICELLI, op. cit., 318). I caratteri della composizione si ritrovano nella circo-
                  stanza  della  cooperazione  tra  amministrazione  europea  e  amministrazione  nazionale  nel-
                  l’esercizio di una funzione congiunta e in vista del conseguimento di un medesimo fine. In
                  argomento:  DELLA CANANEA,  I  procedimenti  amministrativi  composti  dell’Unione  europea,  in
                  BIGNAMI, CASSESE (a cura di), Il procedimento amministrativo nel diritto europeo, Milano, 2004, 307 ss.,

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