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                  Consolidato è, infatti, l’indirizzo interpretativo che assume il significato
             del marchio nella rassicurazione del mercato circa la qualità della produzione
             (industriale):  la  sua  triplice  e  tradizionale  funzione  (indicare  la  provenienza
             imprenditoriale; fornire la garanzia qualitativa del prodotto; agire come sugge-
             stione imprenditoriale) non risulta modificata né pure dalle dinamiche dei pro-
             cessi economici in corso, che prevedono - come si è annotato - l’affidamento
             ad  imprese  sub-fornitrici  -  situate  in  altri  Paesi  con  basso  costo  della  mano
             d’opera e condizioni ambientali favorevoli agli investimenti - dell’incarico di
             produrre materialmente beni, secondo caratteristiche qualitative di cui sia salva-
             guardata l’uniformità in base ad una serie di controlli, da parte dell’impresa
             committente, che continua a valersi del segno distintivo di cui sia titolare ai fini
             dell’immissione in commercio dei prodotti, senza che abbia alcuna rilevanza la
             relativa provenienza materiale .
                                         (32)
                  In combinato disposto all’avvenuta mercificazione del marchio, che può
             circolare in modo del tutto indipendente dall’organismo di produzione, essendo
             sufficiente che rimanga costante nel tempo l’unitario centro di ideazione del
             prodotto e di individuazione degli standard di processo, opera, quindi, il precitato
             riferimento all’origine doganale con l’esito di determinare la rimozione del col-
             legamento territoriale.
                  Non sfugge un evidente paradosso: secondo la Corte di Cassazione, chia-
             mata  a  pronunciarsi  sull’origine  di  una  macedonia  di  frutta  semplicemente
             assemblata nel nostro Paese ma con prodotti di provenienza estera, l’imprendi-
             tore che utilizzi la dicitura made in Italy, apponendola ai prodotti agro-alimentari
             dallo stesso lavorati e confezionati, non pone in essere la condotta prevista e
             punita dall’art. 517 c.p.
                  Per giustificare tale approdo - nella stessa decisione - si richiama, come
             ulteriore  esempio  e  non  a  caso,  la  pasta:  realizzata  con  miscele  di  grano
             duro provenienti dall’estero, non potrebbe circolare, con l’apposizione della
             dicitura «prodotto in Italia», se si accogliesse l’orientamento dell’origine geo-
             grafica o territoriale; mentre è noto che «l’Italia non produce grano duro in
             quantità sufficiente a coprire il fabbisogno dell’industria pastaia e che quin-
             di una buona percentuale del grano duro utilizzato in Italia è di provenienza
             estera» .
                   (33)
             (32)  L’indirizzo interpretativo è inaugurato da Trib. Torino, Sez. Pen., 25 ottobre 1984, AGNELLI,
                  che riforma Pret. Torino, Sez. Pen., 25 gennaio 1984, AGNELLI, in Riv. dir. ind., 1985, II, 171,
                  con nota di G. GUGLIELMETTI, Fabbricazione per conto, all’estero e legittimità a contrassegnare i pro-
                  dotti (auto)importati con il solo marchio (FIAT) del produttore.
             (33)  Cfr. Cass. Pen., Sez. Terza, 15 marzo 2007, n. 27250, CONTARINI, in Dir. giur. agr. al. amb.,
                  2007, 547, con una mia nota L’origine (geografica) della frutta non è quella (doganale) della macedonia.

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