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DOTTRINA
semplicemente dimostrando “di non aver impedito il fatto”, ma d’essersi impe-
gnati al controllo della condotta e nell’osservanza dei doveri a loro carico fissati
dall’art. 147 c.c.
Si è così ritenuto che i genitori vadano gravati della prova positiva di aver
impartito ai figli le giuste nozioni del corretto vivere le relazioni sociali: svol-
gendo “una costante opera educativa, onde realizzare una personalità equilibrata, la capa-
cità di dominare gli istinti, il rispetto degli altri e tutto ciò in cui si estrinseca la maturità per-
sonale”, (Cassazione Civile, sentenza del 22 aprile 2009, n. 9556).
Fino al 2017, in Italia, nessuna legge aveva mai trattato in maniera specifica
il fenomeno; in quegli anni tragiche vicende hanno portato alla luce l’esigenza di
colmare questa mancanza. In particolare la legge 71 del 29 maggio 2017 viene
dedicata a Carolina Picchio, vittima di cyberbullismo, suicidatasi in una notte
del gennaio 2013 a soli quattordici anni.
La legge 71/2017, ha avuto un iter legislativo abbastanza travagliato; il
testo finale, dopo aver subito una modificazione al Senato della Repubblica con
Atto S. 1261-B, viene approvato dalla Camera dei deputati, con modificazioni,
il 31 gennaio 2017. La modifica consisteva nel cancellare gran parte delle varia-
zioni apportate nel passaggio alla Camera, criticate in quanto modificavano la
natura della legge da educativa a repressiva, apportando modifiche al testo del-
(30)
l’art. 612-bis c.p. .
Questa legge si è occupata soprattutto di realizzare una serie di misure che
dovevano promuovere l’educazione nell’utilizzo delle nuove tecnologie negli
istituti scolastici di ogni ordine e grado, non introducendo una nuova fattispecie
ma dando una definizione di cyberbullismo nella quale rientrano una serie di
condotte preesistenti nel codice.
Nell’art. 2 della legge in commento abbiamo il primo strumento utilizzabi-
le dal minore ultraquattordicenne, o dai genitori o dal soggetto esercente la
(30) Tale disposizione, nell’ipotesi in cui il fatto sia commesso attraverso strumenti informatici
e telematici, veniva ad abrogare il secondo comma dell’art. 612-bis c.p. nella parte in cui sta-
biliva l’aggravamento della pena (prevista nella reclusione da sei mesi a cinque anni), ma la
inseriva nel comma successivo con la nuova e più elevata pena edittale della reclusione da
uno a sei anni. Soggiungendo, però, che “la stessa pena si applica se il fatto di cui al primo
comma è commesso utilizzando tali strumenti mediante la sostituzione della propria all’al-
trui persona e l’invio di messaggi o la divulgazione di testi o immagini, ovvero mediante la
diffusione di dati sensibili, immagini o informazioni private, carpiti attraverso artifici, rag-
giri, minacce o comunque detenuti, o ancora mediante la realizzazione o divulgazione di
documenti contenenti la registrazione di fatti di violenza o di minaccia”. Inoltre, tale arti-
colo introdotto dalla Camera, prevedeva anche l’inserimento della disciplina della confisca
obbligatoria dei beni e degli strumenti informatici o telematici che risultino essere stati in
tutto o in parte utilizzati per la commissione di una serie di reati ivi elencati (art. 240,
comma 2, n. 1-bis, c.p.) anche la fattispecie dell’art. 612-bis c.p. (come, ovviamente, appena
modificato e integrato).
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