Page 52 - Rassegna 2021-4
P. 52
DOTTRINA
abrogato dall’art. 1 del decreto legislativo n. 7 del 15 gennaio 2016, divenuto ille-
(24)
(25)
cito civile), la diffamazione (art. 595 c.p.) , la sostituzione di persona (494 c.p.) ,
l’accesso abusivo a sistema informatico o telematico (art. 615-ter c.p.), la viola-
zione, sottrazione e soppressione di corrispondenza (art. 616 c.p.), la distribu-
zione, divulgazione e diffusione di pornografia minorile (art. 600-ter c.p.), il
reato di trattamento illecito di dati (art. 167 del D.Lgs. 196/2003 in materia di
protezione dei dati personali) e il reato di atti persecutori (art. 612-bis c.p.).
(26)
Quest’ultima fattispecie, introdotta dall’art. 7 del DL 23 febbraio 2009, n. 11,
convertito in legge 23 aprile 2009, n. 38 è stata spesso individuata come appli-
cabile anche ad alcune ipotesi di bullismo. Infatti, questo reato si presta a ricom-
prendere nell’area del penalmente rilevante tutta una serie di condotte che
acquistano una reale efficacia lesiva se osservate nel loro insieme, in quanto ido-
nee a provocare notevoli sconvolgimenti nella vita, nelle abitudini e, più in
generale, nella serenità della persona offesa.
Sulla imputabilità del cyberbullo in materia penale occorre distinguere due
casi: uno in cui il soggetto autore ha un’età inferiore ai quattordici anni e l’altro
in cui ha un’età compresa fra i quattordici e i diciotto anni. Nel primo caso il
minore non è imputabile, a meno che non venga riconosciuto come socialmen-
te pericoloso; in questa circostanza possono essere previste delle misure di sicu-
rezza quali l’istituto della libertà vigilata o il ricovero in riformatorio giudiziario,
oggi eseguito nelle forme del collocamento in comunità (art. 22 del DPR n. 448
del 22 settembre 1988).
Nel secondo caso il minore è imputabile solo se viene dimostrata la sua
capacità di intendere e di volere attraverso consulenti/periti psichiatri. Per i
ragazzi che hanno già compiuto diciotto anni vige la presunzione di imputabi-
lità, prevista dall’art. 85 c.p.
Il ricorso alla sanzione penale, nell’ambito del processo penale minorile,
rappresenta sempre l’extrema ratio.
(24) Facebook, secondo la Corte di Cassazione, Sez. Quinta, n. 4873/2017, rientra fra i “mezzi di pub-
blicità” integrando così un’ipotesi di diffamazione aggravata “poiché potenzialmente capace di
raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone”.
(25) Corte di Cassazione, sez. Quinta, n. 25774/2014: integra il delitto di sostituzione di persona
la condotta di colui che crea ed utilizza un “profilo” su social network, utilizzando abusivamen-
te l’immagine di una persona del tutto inconsapevole, associata a un nickname di fantasia e a
caratteristiche personali negative.
(26) Corte di Cassazione, Sez. Quinta, 28 novembre 2017, n. 57764: “giurisprudenza ammette che
messaggi o filmati postati sui social network integrino l’elemento oggettivo del delitto di atti per-
secutori (sez. Sesta, n. 32404/2010, immissione in rete di filmati «intimi» tra le molteplici con-
dotte vessatorie) […] l’attitudine dannosa di tali condotte non è […] tanto quella di costringere
la vittima a subire offese o minacce per via telematica, quanto quella di diffondere fra gli utenti
della rete dati, veri o falsi, fortemente dannosi e fonte di inquietudine per la parte offesa”.
50