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DOTTRINA
La discrasia, si evidenzia, non è certo generale, ma si può rinvenire in special
modo nella principale situazione in cui un soggetto può trovarsi ad essere,
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senza alcun titolo di polizia, ad essere detentore a qualsiasi titolo: la successione
mortis causa.
In questo caso si ha infatti il potenziale contrasto per quanto concerne
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le collezioni di armi RAIS eventualmente già dichiarate di interesse culturale (ex
art. 10, comma 3, lettera e) tra quanto previsto dal diritto di polizia (che prevede
che gli eredi, con apposito titolo di polizia, possano acquisire le armi del de cuius,
ritenendo anche di poterle dividerle tra di loro e detenerle ove verrà dichiarato)
e il diritto dei beni culturali che invece, stante la necessità di tutela non solo
degli oggetti in sé, ma anche degli stessi nell’ambito di un complesso ben spe-
cificato, non prevede, almeno di norma, lo smembramento e la suddivisione (e
peraltro, in certuni casi, non permettendo neppure lo spostamento dal luogo di
collocazione, stante il possibile nesso storico culturale tra la collezione e il luogo
che li conserva) . Stante l’attuale corpus normativo sembra che a cedere possa
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solo essere la legittima aspirazione di tutti gli eredi (tranne uno) ad avere quota
dei cespiti oplologici (peraltro con potenziali ripercussioni giuridiche anche di
mero diritto civile stante l’elevato valore venale che possono assumere questo
tipo di materiali).
6. Conclusioni e proposte
Le già difficili condizioni della regolamentazione in materia di armi, la cui
moltitudine, parafrasando il filosofo francese Renè Descartes “fornisce spesso
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scuse all’ignoranza e al vizio” assurgono a vera e propria chimera nell’ambito,
certamente ristretto ma non per questo meno importante, delle armi come
bene culturale. La necessità di un bilanciamento tra i diversi diritti e le diverse
esigenze statuali è quanto mai difficoltoso, specialmente dovendo far fronte,
anche, all’atavico pregiudizio che si ha con riguardo alle armi da parte anche di
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molti addetti ai lavori .
(45) Escludendosi situazioni di detenzione illecita per le quali, volendo comunque puntualizzare
e per mero esercizio di stile, il CBCP sarebbe solo teoricamente applicabile stante la insita
inconoscibilità della presenza dell’oggetto illecitamente detenuto da parte della pubblica
autorità.
(46) Un accenno, seppur antecedente all’entrata in vigore del CBCP in G. ANGELETTI, Intervento
pubblicato in Atti del quarto convegno nazionale di studio sulla disciplina delle armi, Brescia, C.C.I.A.A.,
1987, pag. 109.
(47) Si pensi, ad esempio alla collezione di armi di una famiglia custodita all’interno del palazzo
avito già altrove definito “collezione dinastica”.
(48) Renè DESCARTES, Discorso sul metodo, Parte II, Milano Hachette, 2016.
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