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IL RUOLO E LA FUNZIONE DI CONTROLLO DELLA CORTE DEI CONTI
lavoro, si dovrebbe poter avere, anno dopo anno, un quadro completo di tutte
quelle cantierabili e, come tali, capaci sia di generare ricchezza (profitto per il
sistema delle imprese, reddito per i lavoratori) sia di ridare tono, sollievo all’eco-
nomia locale (intervento di natura keynesiana). A differenza di quanto succede
in altri Paesi europei, e in particolare nella Repubblica Federale di Germania,
dove si effettua un monitoraggio attento degli investimenti privati (attraverso
comunicazioni periodiche cui sono tenute le imprese nei riguardi dell’omologa
ISTAT), e dove è possibile conoscere gli effetti sulla economia di quelli pubblici,
che costituiscono la base informativa per sviluppare analisi di natura econome-
trica anche circoscritte ad alcuni territori o alcune aree del Paese, nulla di tutto
questo risulta rintracciabile nel sistema amministrativo nazionale che si occupa
del governo dell’economia. Né, tantomeno, vi sono centri pubblici di analisi e
di ricerca che forniscono in tempo reale dati sugli andamenti occupazionali dei
diversi settori economici. Infatti, gli osservatori regionali del lavoro, previsti da
una legge del 1987, la n. 56, si dimostrano incapaci di fornire la benché minima
informazione sull’andamento dei mercati del lavoro, che sono stati relegati,
peraltro, in ambiti così angusti da non consentire alle giovani generazioni di farsi
una idea delle prospettive del lavoro che li attende.
Se è vero, poi, che un bilancio pubblico deve essere in grado di generare
ricchezza per poter essere essa stessa redistribuita sotto forma di servizi a chi
non può permetterseli, bisogna dare ai decisori politici la possibilità di attingere
a informazioni sempre fresche, sempre aggiornate sulla situazione economica
locale, provinciale e regionale.
Ci si è chiesti, svolgendo un ragionamento che prende le mosse da una
presa di coscienza circa il grado di variabilità della economia e sulla influenza
che essa esercita immancabilmente su ogni bilancio pubblico, e che risulta ben
esposto nell’art. 81, comma 1, della Costituzione là dove le decisioni da assu-
mere su di esso devono tenere in debito conto «delle fasi avverse e delle fasi
favorevoli del ciclo economico», se e in quali termini esso può funzionare, nei
momenti di crisi, da stimolo alla crescita economica.
Tutto ciò è reso possibile se del bilancio pubblico si abbia una “visione
economica” fondata sui concetti della trasparenza dei processi decisionali e
sull’impegno massimo ad evitare gli sprechi ; sprechi che si generano tutte le
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volte che il decisore politico risulta accondiscendente verso chi prospetta l’ac-
quisizione di beni o servizi a un prezzo superiore a quello di mercato o che
risulti il risultato di una intelligente comparazione.
(32) Si vedano I dieci sprechi dell’Italia, elaborato da Paolo DE IOANNA, in A nostre spese; crescere di più
tagliando meglio, ed. Castelvecchi, 2012, pag. 134.
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