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DOTTRINA




                    Un’area di responsabilità che si può anche ampliare nei casi in cui
              l’Istituzione superiore di controllo verifichi, nel corso dell’indagine di sua com-
              petenza, che:
                    1. non sia stata assicurata la giusta regolarità nei pagamenti;
                    2. non vi sia stata una gestione efficiente dei materiali utilizzabili;
                    3. la qualità dei lavori di costruzione si sia rivelata al di sotto dello standard

              tecnico concordato (v. Sez. 21, comma 4, “Dichiarazione” cit.).
                    Non è chi non veda come questa semplicità di guardare al mondo dei lavori
              pubblici, riscontrabile nell’ordinamento internazionale, è andata assumendo nel
              testo normativo richiamato una sostanziale natura discorsiva.
                    Soprattutto nella fase della storia più recente delle istituzioni pubbliche, e
              dell’operato di alcuni dirigenti di esse.
                    E, soprattutto, in concomitanza con la realizzazione dei “grandi eventi”,
              delle “opere della protezione civile”, delle opere cosiddette “segretate”.
                    Ciò che preoccupa è che i ritardi nella definizione dell’opera pubblica - così
              come gli sprechi di denaro pubblico in genere ad essa connessi (costruzioni origina-

              riamente destinate a perseguire un obiettivo e, poi, abbandonate; ricorso a contributi
              a fondo perduto per la costruzione di capannoni industriali mai utilizzati) - hanno
              determinato, nell’opinione pubblica, una forma di assuefazione al “malgoverno”.

                    4.4. È nell’articolo 3, comma 8, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, che il
              Legislatore ha inteso determinare gli strumenti cui può fare ricorso un magi-
              strato della Corte dei conti allorché sia stato incaricato di svolgere indagini di
              controllo che attengano alla gestione e, di conseguenza, che siano in grado di

              analizzare se e in che modo si siano realizzati i programmi previsti dalla legisla-
              zione sia statale che regionale.
                    È in questo lasso di tempo, tra il 1993 (dal 1° gennaio di tale anno) e il 1995
              (allorché viene resa da parte della Corte Costituzionale la sentenza n. 29), che al
              “magistrato del buon andamento” si offre una opportunità: quella di utilizzare
              strumenti che erano stati, fino a quel momento, appannaggio dei magistrati
              addetti all’Ufficio del Pubblico Ministero, cioè alla Procura presso la stessa
              Corte. Della loro potenzialità investigativa è opportuno rendersi conto: sono,
              infatti, strumenti graduati di conoscenza della realtà sia amministrativa che finan-
              ziaria; e, come tali, capaci di assicurare al destinatario dei referti, all’Organo rap-

              presentativo della volontà popolare (al Parlamento come ai Consigli regionali),
              una visione anche interdisciplinare delle politiche pubbliche valutate. E che, per
              tale via, rendono la Corte dei conti l’unico organismo di democrazia capace di
              svolgere attività ausiliare nei riguardi dei diversi livelli di governo.


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