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IL RUOLO DELLA BIOLOGIA E DELLA GENETICA FORENSE
NELL’ASSISTENZA ALLE VITTIME DI VIOLENZA
L’utilità investigativa e la valenza probatoria di più formazioni pilifere
strappate, in relazione a reati che coinvolgono rapporti violenti e traumatici,
sono quindi intuitivamente molto significative.
La tipizzazione del DNA (in particolare dei polimorfismi del DNA
nucleare) si rivela concretamente utile nei soli casi in cui il bulbo pilifero è ricco
di cellule nucleate, situazione che si riscontra nelle fasi di crescita anagen e, in
parte, catagen (che peraltro includono la gran parte delle formazioni pilifere di
maggior effettivo interesse investigativo, cioè quelle strappate dall’epidermide)
che, in media, contengono da 1-750 ng/radice di DNA per formazione pilifera
strappata dotata di radice .
(25)
In conclusone, tutti i materiali biologici sono potenzialmente rilevabili e
possono essere rinvenuti in caso di maltrattamento e violenza sessuale. Tale
situazione suggerisce che in gran parte degli accertamenti di biologia forense,
l’attività di ispezione dei reperti e di ricerca e caratterizzazione delle tracce
dovrebbe essere idealmente estesa alla individuazione di ogni possibile materia-
le biologico, senza preclusioni a priori. Ciononostante, per evidenti motivi di
opportunità operativa dettata dalle circostanze dei fatti (riferite dalla vittima e/o
dedotte dalle valutazioni cliniche), dalla razionalizzazione delle risorse e dal
contenimento dei tempi di svolgimento degli accertamenti, al fine di ottimizza-
re l’indagine tecnica, la tipologia di reperti di interesse e le potenziali tracce
ragionevolmente osservabili e quindi le conseguenti strategie analitiche di labo-
ratorio dipendono da alcuni fattori e considerazioni, gran parte dei quali deri-
vanti dall’esperienza operativa, ma anche dalla casistica pertinente riportata
dalla letteratura scientifica .
(26)
Tali informazioni, che gli esperti devono necessariamente tenere in consi-
derazione, dovranno opportunamente guidare sia l’attività di repertazione e,
quindi, di selezione dei reperti, che, successivamente, nel laboratorio forense,
l’ispezione, la ricerca delle tracce ritenute di concreto interesse in relazione ai
(25) Formazioni pilifere in fase telogen, prevalentemente perse per distacco spontaneo, contengo-
no modeste quantità DNA, e risultano pertanto assai meno idonee alla tipizzazione genetica
dei polimorfismi del DNA nucleare, mostrando una probabilità di successo analitico estre-
mamente più esigua.
(26) Tra i fattori di maggiore rilevanza oggetto di valutazione, sin dalle fasi iniziali della reperta-
zione, si rammentano:
- le modalità con cui viene consumato il rapporto tra vittima e aggressore;
- le caratteristiche della scena del crimine (luogo, superfici);
- le condizioni ambientali (esposizione a raggi solari, temperatura, umidità, ecc.);
- il tempo intercorso dal momento della commissione del fatto all’acquisizione dei reperti;
- le attività (in particolari inerenti alla sfera sessuale) che la vittima ha condotto nel periodo
immediatamente precedente al crimine.
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