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                             STUPEFACENTI - L’AGGRAVANTE DELL’INGENTE QUANTITÀ



                       Ritornando al tema degli stupefacenti, i giudici di merito hanno applicato,
                  ognuno  secondo  il  proprio  prudente  apprezzamento,  l’aggravante  di  cui  al
                  secondo comma dell’articolo 80 DPR 309/1990.
                       Facendo riferimento alle “droghe pesanti”, si va dai cento chilogrammi di
                  cocaina qualificati come ingente quantità a Milano, ai quindici grammi, ritenuti
                  ingente quantità dall’autorità giudiziaria di Napoli, dai 767 grammi sequestrati a
                  Foggia  e  ritenuti  integrare  l’aggravante  de  qua,  ai  512  grammi  sequestrati  a
                  Taranto e giudicati non ingente quantità. Peraltro, un così diversificato panora-
                  ma sembrava giustificabile quale risultato dell’interpretazione data dalle Sezioni
                  Unite Primavera del 2000  secondo un criterio “mercantilistico”.
                                           (5)
                       La Suprema Corte affermava che affinché si potesse parlare di quantità
                  ingente di stupefacente, fosse necessario che il dato ponderale di sostanza tossica
                  oggetto del procedimento superasse notevolmente, con accento di eccezionalità,
                  la quantità usualmente trattata in transazioni del genere nell’ambito territoriale
                  nel quale il giudice del fatto opera. Fu solo dopo dieci anni che si sentì l’esigenza
                  di ancorare l’apprezzamento del giudice a un parametro che impedisse risultati
                  di evidente disarmonia, a fronte di dati quantitativi e qualitativi e di realtà terri-
                  toriali in tutto assimilabili. La Sesta Sezione  affermava, quindi, che ai fini della
                                                            (6)
                  configurabilità della circostanza aggravante dovesse rilevare il criterio oggettivo
                  del numero dei possibili fruitori finali e non l’area in cui essi insistono.
                       Aggiungeva che in quanto terminale di confluenza di una rappresentazio-
                  ne  casistica  generale,  la  Corte  di  Cassazione  avrebbe  potuto  maggiormente
                  apprezzare i dati derivanti dall’esperienza giudiziaria, e concludeva evidenzian-
                  do che non potessero integrare l’aggravante de qua quei quantitativi inferiori ai
                  due  chilogrammi  e  cinquanta  chilogrammi,  rispettivamente  per  le  “droghe
                  pesanti” e “leggere”. Conclusione questa che non riscuoteva particolare condi-
                  visione, stante un orientamento  che vedeva nell’individuazione dei parametri
                                                 (7)
                  de quibus un’appropriazione da parte dei giudici del potere legislativo. Il contra-
                  sto concernente quest’aggravante oggettiva soggettivamente interpretata ha
                  portato la Corte di Cassazione a esprimersi a le Sezioni Unite (S.U. Biondi  ).
                                                                                           (8)
                       In effetti, l’aggravante prevedeva e prevede un parametro meramente
                  oggettivo, che le Sezioni Unite Primavera avevano indotto a interpretare con
                  riferimento al contesto territoriale nel quale il giudice del fatto avesse operato.


                  (5)  Cass. Pen., Sez. Unite, sentenza del 21 giugno 2000, n. 17.
                  (6)  Cass. Pen., Sez. Sesta, sentenza del 2 marzo 2010, n. 20119.
                  (7)  Ex multis, Cass. Pen., Sez. Quarta, sentenza del 3 giugno 2010, n. 25571; sentenza del 1° feb-
                       braio 2011, n. 9927; sentenza del 29 settembre 2011, n. 38794.
                  (8)  Cass. Pen., Sez. Unite, sentenza del 24 maggio 2012, n. 36258.
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