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DOTTRINA
La questione ha sempre riposato sull’interpretazione della locuzione
“ingente quantità”, che individuerebbe un concetto giuridico indeterminato,
pertanto in potenziale violazione del principio di determinatezza e tassatività.
Anche il giudice delle leggi si è più volte espresso circa l’utilizzo nelle for-
mule descrittive dell’illecito penale di espressioni sommarie, di vocaboli polisen-
si, ovvero di clausole generali o concetti elastici, affermando l’ammissibilità di
un tale utilizzo, competendo all’interprete la funzione di rendere concrete,
calandole nella realtà fenomenica, previsioni legislative astratte e apparentemen-
te indeterminate .
(1)
Nel 2008, la Quarta Sezione ha affermato, con riferimento all’articolo 80
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DPR 309/1990, che il presupposto di operatività dell’aggravante non può “rite-
nersi indeterminato, rispondendo all’esigenza di evitare l’introduzione di para-
metri legali precostituiti i quali impedirebbero al giudice di apprezzare in con-
creto la gravità del fatto e quindi rideterminare la pena in termini di coerente
proporzionalità rispetto al suo effettivo profilo e alla personalità dell’autore”.
La medesima locuzione appare anche in altri settori, come in materia di
traffico illecito di rifiuti e di pedopornografia. In tema di traffico illecito di rifiu-
ti, la Terza Sezione ha affermato l’infondatezza della pretesa indeterminatezza
(3)
sul presupposto che l’ambito di applicazione della disposizione va riferito al
quantitativo di materiale complessivamente gestito attraverso una pluralità di
operazioni, anche se queste ultime, considerate singolarmente, potrebbero esse-
re di entità modesta. Nel 2011, sempre la Terza Sezione , ha affermato che la
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locuzione di ingente quantità in tema di pedopornografia “rappresenta l’espres-
sione di una legittima scelta del legislatore di riservare al giudicante il potere di
considerare un fatto aggravato o attenuato in relazione agli innumerevoli, e mai
predeterminabili, casi della vita. […] La difficoltà risiede nella individuazione di
parametri che - senza avere la pretesa di contenere numericamente entro gabbie
precostituite i concetti da definire - ne delimitino tuttavia i confini”.
(1) Corte Cost., sentenze n. 247 del 1997 e n. 69 del 1999. Da ultimo, Corte Cost., sentenza
n. 24 del 2019. Essa nel decidere sulle questioni riguardanti tra l’altro gli articoli 1 e 4 del
D.Lgs. 159/2011, sollevate con tre diverse ordinanze di rimessione per violazione degli arti-
coli 117, 25 e 42 Cost., dopo aver affermato la conformità costituzionale del sequestro e della
confisca di prevenzione evidenziando “i principi costituzionali e convenzionali che ne inte-
grano lo specifico statuto di garanzia” si sofferma sull’intensa attività interpretativa di legit-
timità che delineando i confini concettuali delle categorie di soggetti ricomprese dagli articoli
sopra citati le ha ritenute tutte sufficientemente determinate, esprimendosi invece per l’inco-
stituzionalità della previsione di cui all’articolo 1, lett. c) (coloro che debbano ritenersi, sulla
base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi).
(2) Cass. Pen., Sez. Sesta, sentenza del 10 luglio 2008, n. 40792.
(3) Cass. Pen., Sez. Terza, sentenza del 20 novembre 2007, n. 358.
(4) Cass. Pen., Sez. Terza, sentenza del 31 marzo 2011, n. 17211.
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