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ROS - TRENT’ANNI DI PROMOZIONE DEI VALORI DELLA COSTITUZIONE
L’arresto di Peci fu casuale, merito della memoria fisiognomica di un
Maresciallo, poi diventato grande amico dell’ex brigatista: «Combinazione, fra
quelli appostati c’era anche un maresciallo che mi aveva pedinato mesi prima e
che, nonostante avessi fatto crescere i baffi e avessi cambiato occhiali, mi ha
riconosciuto. Gli sono passato proprio davanti, io non l’ho visto ma lui sì, e
subito ha organizzato in quattro e quattr’otto la mia cattura nel modo migliore.
È un bravo maresciallo e un brav’uomo: adesso siamo diventati molto amici e
ci vediamo spesso» . Non si tratta dell’unico amico che Peci si è fatto tra i cara-
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binieri. Una volta liberato, infatti, Peci andò a vivere in una caserma, dove ebbe
modo di farsene tanti, nonché di ammirare la professionalità e la dedizione che
mettevano nel loro lavoro: «In sé la liberazione non mi ha fatto un effetto par-
ticolare, perché la mia vita non è cambiata molto: dal carcere sono passato in
una caserma, per motivi di sicurezza. Però ero libero. […] I ragazzi dell’antiter-
rorismo ormai sono amici, più che una scorta. Ho gratitudine per loro, ma per
l’amicizia che mi dimostrano, non perché mi proteggono militarmente. […]
Professionalmente sono bravissimi, molto scrupolosi» .
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Questa breve rievocazione dei rapporti umani intercorsi tra dalla Chiesa, i
suoi collaboratori e i brigatisti arrestati invita a svolgere qualche riflessione in
chiave costituzionalistica. La nostra Carta dedica poche ma significative parole
alla «pena», sebbene siano numerosi i canoni, tra «Principi fondamentali» e
«Parte prima», che indirettamente la disciplinano. Tra le ideologie che storica-
mente l’hanno giustificata la Costituzione coglie gli aspetti maggiormente filan-
tropici di ognuna, confluiti in primis nel bando della sanzione mortale e dei «trat-
tamenti contrari al senso di umanità» (art. 27). L’adesione alla concezione gene-
ral-prevenzionista, corollario del principio «supremo» di laicità (così qualificato
dalla celebre sentenza della Corte Costituzionale n. 203 del 1989 ), sgombra il
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campo da qualsiasi metafisica del bene e del male: il legislatore non è un sacer-
dote, deve limitarsi a comparare utile sociale e sofferenze soggettive. Per evitare
che il primo travolga le seconde, i costituenti hanno inserito un freno retribu-
zionista: va bene limitare la libertà (solamente) in chi compie un atto socialmen-
te nocivo, in modo tale che la sua minaccia lo prevenga, ma il legislatore non
può prescindere dalla proporzionalità che deve informare l’intero sistema:
(50) Ivi, pag. 176.
(51) Ivi, pagg. 214 s.
(52) Sull’articolazione ampia del principio di laicità - così come delineato nella giurisprudenza
della Corte Costituzionale - tale da non potersi circoscrivere all’ambito tout court religioso,
vedi N. COLAIANNI, Trent’anni di laicità (Rileggendo la sentenza n. 203 del 1989 e la successiva giuri-
sprudenza costituzionale, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica (www.statoe-
chiese.it), n. 21/2020, pagg. 52 ss.
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