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ROS - TRENT’ANNI DI PROMOZIONE DEI VALORI DELLA COSTITUZIONE
anche Roberto doveva passare pubblicamente da traditore al fine di giustificare
sequestro e “condanna” capitale -, costituisce forse il punto di osservazione
migliore da cui intravedere il Buio a mezzogiorno (è il titolo del magistrale roman-
zo di Koestler che, sebbene scritto nel 1940, forse descrive meglio di ogni inda-
gine successiva gli ultimi giorni di vita di Roberto Peci) che avrebbe avvolto
l’Italia qualora fosse stata effettivamente ammainata la Costituzione liberal-
democratica del 1948.
La decisione di Patrizio Peci di chiudere definitivamente col passato bri-
gatista fu presa dopo qualche giorno di detenzione presso il carcere di Novara.
Il 6 marzo 1980 Peci richiamò l’attenzione degli agenti di custodia a cui affidò
le sue intenzioni: parlare con dalla Chiesa in quanto avrebbe potuto collaborare
con la giustizia. Va dato merito agli operatori del carcere di avere preparato ulte-
riormente il terreno. Tuttavia, è bene sottolineare come anche il mondo peni-
tenziario fosse stato destinatario di una “rivoluzione” operata dal Generale.
Nominato con Decreto Interministeriale del 12 maggio 1977 a capo
dell’“Ufficio per il coordinamento dei servizi di sicurezza degli istituti di pre-
venzione e pena”, meglio noto come “Sicurpena”, dalla Chiesa aveva riscritto
le procedure di sicurezza interna (anche nei confronti dei detenuti) ed esterna,
e aveva orientato tutta la struttura carceraria in chiave info-investigativa. In
estrema sintesi, anche gli operatori carcerari erano divenuti a partire dalla
seconda metà del 1977 “uomini di dalla Chiesa” . Ecco perché Patrizio Peci,
(44)
prima ricercato, poi arrestato e infine vigilato da “uomini di dalla Chiesa”, volle
essere accompagnato proprio da quest’ultimo nel suo percorso di pentimento-
collaborazione: «Peci possedeva una fortissima volontà di “liberarsi” ma doveva
essere accompagnato, forse da solo non sarebbe mai riuscito a rinnegare la lotta
armata. Volle dalla Chiesa al suo fianco. E il generale, nel ruolo di protettore, di
genitore aggiunto, di fratello maggiore, era perfetto. Aveva una rara capacità di
conoscere le parole giuste e saperle impiegare. Scaldava i cuori, diffondeva un
senso di fiducia, non giudicava, puntava a capire. Domandava e ancora doman-
dava, mai con il ritmo di un interrogatorio. E portava sempre a casa il risulta-
to» . Tra i numerosi dettagli della complessa vicenda umana dalla Chiesa-Peci
(45)
potremmo ricordarne tre, estremamente indicativi di un approccio investigativo
in primis orientato al rispetto e alla sicurezza della persona, fosse anche il più
pericoloso dei terroristi.
(44) Sul punto vedi le riflessioni di uno dei migliori eredi di questa tradizione: E. A. GIACALONE,
Origini e fondamenti dell’intelligence penitenziario, in Rivista trimestrale della Scuola di Perfezionamento
delle Forze di Polizia, 2-3, 2020, pagg. 23 ss.
(45) A. GALLI, op. cit., pagg. 216 ss.
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