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INSERTO
La notizia di una embrionale volontà di collaborazione di Peci pervenne a
un Generale esterrefatto di giovedì. Nonostante l’impazienza, anzi l’inquietudi-
ne provata, dalla Chiesa, dopo aver raccolto l’assenso entusiasta di Caselli, per
recarsi nel carcere di Cuneo decise di attendere la domenica sera, lontano da
occhi indiscreti che avrebbero potuto mettere a rischio Peci (i detenuti già dor-
mivano). Allo stesso modo, un’altra volta che il Generale volle parlare con lui
approfittò di una traduzione dal carcere di Cuneo a quello di Torino: fece effet-
tuare ai carabinieri che lo avevano in custodia una “sosta tecnica” presso la
Stazione di Grugliasco . Tali comportamenti di dalla Chiesa ovviamente non
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sono passati inosservati da una persona intelligente come Peci, che ne ricorda
un terzo: «Dopo il processo [per direttissima relativo alla detenzione della pistola
portata al momento dell’arresto] mi portarono brevissimamente a Cuneo e poi
subito alle Nuove di Torino […] avevo un intero padiglione per me. Avevano
vuotato questo padiglione per la mia sicurezza e capii che lo dovevo a dalla
Chiesa. Per non destare sospetti nel carcere era stata sparsa la voce che ero un
colonnello della Finanza arrestato per chissà quale latrocinio. Come avevo pro-
messo al generale, cominciai a pensarci su seriamente [alla collaborazione]» .
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Peci ha scritto un’interessante biografia nel 1983. Nelle sue parole trovia-
mo ampia conferma delle testimonianze prima riportate degli operatori antiter-
rorismo agli ordini di dalla Chiesa. Sebbene le prime manifestazioni dell’inten-
zione di collaborare intervennero due settimane dopo l’arresto, Peci riconduce
l’inizio del risveglio dal sonno della ragione già al primo impatto con carabinieri e
magistrati, rivelatisi tutt’altro che «malvagi»: «Quando vivi in clandestinità per
anni - e io ci sono stato più di tre anni - anche le cose che agli altri sembrano
più strane, per te sono normali, perché finisci per incontrare solo clandestini,
dunque hai rapporti solo con gente come te, sei fuori dal mondo. Poi un giorno
capita che ti devi confrontare con esperienze diverse a allora dici “ma cosa ci
faccio io, chi sono, perché?”. È così anche quando ti arrestano e conosci, parli
con i carabinieri e i magistrati che volevi ammazzare e scopri che sono bravis-
sime persone» ; «quando conosci - viso a viso, uomo a uomo - i carabinieri e
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i giudici che volevi ammazzare, e capisci che sono persone: che la pensano
diversamente da te ma che non sono malvagi di natura, anzi. Allora sì che ti
vengono tutte le crisi, e dici: “Ma che cazzo ho combinato?”. Solo a quel punto
senti il peso e il rimorso per la morte e il dolore che hai sparso» .
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(46) Notizie su tali episodi sono rinvenibili in ivi, pagg. 212 ss.
(47) P. PECI, Io, l’infame, Milano, Mondadori, 1983, pag. 192.
(48) Ivi, pag. 30.
(49) Ivi, pag. 194.
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