Page 32 - Rassegna 2021-2_Inserto
P. 32

INSERTO



             dicevano  che  eravamo  normali…  poi  vivendo  in  Sezione  una  volta  pentiti,
             hanno visto la cura nel non usare la forza nello stare attenti… hanno visto il
             meccanismo sano di tutti i discorsi di tutti i momenti, hanno visto il meccani-
             smo… questa è stata la chiave del successo… certo il vecchio codice questo la
             consentiva molto più agevolmente che non l’attuale … oggi avrebbe creato dei
             problemi…».  Sulla  stessa  lunghezza  d’onda  di  “Francesco”  troviamo  anche
             “Gaetano”: «lo stesso il terrorista… non è che noi l’abbiamo preso, gli abbiamo
             menato, torturato… non gli abbiamo fatto nulla… è stato solo un rapporto
             umano e il terrorista ha capito che io ero uno di quelli o lui (l’altro collega) era
             uno di quelli che passavamo per torturatori, come dicevano, e non era vero…
             eravamo come loro esseri umani, solo credevamo di fare un servizio al Paese in
             un modo, loro lo volevano fare in un altro… che hanno capito che era sbaglia-
             to… e poi sono diventati parte di noi, si sentono carabinieri a tutti gli effetti
             pure loro…». “Marco”, infine, asserisce che il montare del reciproco rapporto
             di  fiducia  ha  consentito  talvolta  di  acquisire  dichiarazioni  che  in  un  primo
             momento non avevano costituito oggetto della collaborazione: «noi eravamo
             costretti a instaurare un tipo di rapporto con questi perché si mangiava insieme,
             si dormiva insieme… nasceva un rapporto quasi di amicizia… questo favoriva
             la nostra attività perché instaurando questo rapporto di fiducia… tante volte si
             lasciavano andare a certe dichiarazioni che magari non avevano fatto prima…
             sinceramente noi a Napoli abbiamo fatto belle operazioni su dichiarazioni che
             sono intervenute successivamente al loro pentimento…».
                  A questo clima di empatia creato da dalla Chiesa e i suoi uomini con i bri-
             gatisti in vincoli va ascritta anche la prima importante collaborazione con la
             giustizia: la prima, e la più, importante. Generalmente la vicenda di Patrizio
             Peci, arrestato dai militari del Generale il 20 febbraio 1980, è considerata il
             vero inizio della fine delle Brigate Rosse. Tanto che la frangia maggiormente
             violenta di quella che dall’inizio degli Ottanta stava diventando più una costel-
             lazione che un’organizzazione monolitica - frangia che costituirà le “Brigate
             Rosse - Partito della Guerriglia” - tentò tra il 18 giugno e il 3 agosto 1980
             un’azione  estrema:  sequestrare  suo  fratello,  Roberto,  per  sottoporlo  a  un
             cosiddetto “processo proletario” che del celebre giudizio veritativo inscenato
             da  Dürrenmatt  in  La  panne  assunse  solo  la  farsa,  non  il  dramma.
             Macabramente filmato, oltre a fungere da deterrente, presente e futuro, di ogni
             tipo di collaborazione, tale “processo” avrebbe dovuto svelare la “vera” natura
             di Patrizio: meschino traditore in combutta con i carabinieri, non brigatista
             pentito delle violenze commesse. La penosa “confessione” di Roberto Peci,
             costretto a dichiarare il falso sul conto di Patrizio e di sé stesso - “proletario doc”,


             28
   27   28   29   30   31   32   33   34   35   36   37