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ROS - TRENT’ANNI DI PROMOZIONE DEI VALORI DELLA COSTITUZIONE



               l’Università  ce  l’aveva  a  Bologna…
               quindi per ottenere tutti i permessi per
               potersi  recare…  perché  con  gli  arresti
               domiciliari  bisogna  essere  autorizzati
               dalla  Autorità  Giudiziaria  inquirente…
               io  l’aiutavo,  andavo  io  direttamente  in
               Tribunale  a  prendere  poi  andavo  a
               Lanciano,  lo  prendevo  lo  portavo  a
               Bologna, poi a Bologna c’era il persona-
               le  della  Sezione  che  lo  prelevava  e  lo
               portava  all’Università…  quindi  oggi  è
               laureato anche grazie a tutto quello che
               è stato l’iter dopo… non è che io una
               volta che sono riuscito a farlo collabora-
               re  l’ho  lasciato  e  l’ho  abbandonato…
               diciamo che siamo rimasti in contatto…
               (…) quando passeggiavi tra di noi non
               passeggiavi in mezzo ai torturatori, pas-
               seggiavi in mezzo a quelle persone che
                                                                    20 agosto 1977
               non solo hanno cercato di coinvolgerlo        Il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa
               e  riprenderlo  e  quindi  convincerlo  a       con il Colonnello Giuseppe Russo,
               ritornare ad essere una persona libera…   ucciso da cosa nostra a Ficuzza, frazione di Corleone (PA)
               noi  l’abbiamo  anche  aiutato  dopo,  non  l’abbiamo  abbandonato…».  Anche
               “Enrico” sottolinea lo storico rapporto di amicizia allacciato con un ex brigati-
               sta: «considera che sopra c’erano due camere dove dormivano i collaboratori di
               giustizia e noi dormivamo con i collaboratori di giustizia… io poi sono diven-
               tato amico con uno di loro, sono andato al matrimonio… […] … ancora oggi
               mi chiama quando gli serve qualche cosa, si è lasciato con la moglie, si deve
               comprare casa…». “Francesco”, cui competeva il «discorso tecnico» verso gli
               arrestati, pone l’accento sulla normalità “proletaria” dei suoi colleghi nonché
               sulla non-violenza dei comportamenti adottati, al cui quotidiano cospetto nei
               brigatisti arrestati si sgretolava qualsiasi pregiudizio: «abbiamo avuto rispetto
               agli altri il maggior tasso di pentitismo… io facevo il discorso tecnico e loro
               vicino si facevano vedere normali, non erano milizia argentina o di Pinochet..
               erano ragazzi normali, probabilmente proletari anche loro con i famigliari con
               qualche problema per arrivare alla fine del mese… (…) perché poi il discorso
               tecnico che facevo con il brigatista era poi diciamo sostenuto da loro con la loro
               umanità di testa… tant’è che alla fine tantissimi di questi che si pentivano ci


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