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ROS - TRENT’ANNI DI PROMOZIONE DEI VALORI DELLA COSTITUZIONE
Numerose sono state altresì le rapine in banca, alcune delle quali culmina-
te con il ferimento o l’uccisione di poliziotti. In tutto Action Directe ha compiuto
quattordici omicidi, dei quali la maggior parte non premeditati. Tra quelli pia-
nificati ricordiamo l’omicidio del direttore generale degli armamenti del
Ministero della Difesa, del gennaio 1985, e quello del presidente della Renault,
del novembre 1986. Nel 1987 l’organizzazione è stata definitivamente smantel-
lata con l’arresto degli ultimi militanti rimasti in libertà.
Nel combattere il loro terrorismo i francesi non hanno ritenuto di dover
guardare troppo alla storia. L’approccio antiterrorismo è stato improntato alla
riedizione di una certa “giustizia politica”. Un po’ come accadde nel famoso
affaire, prima citato.
Errori giudiziari come quello subìto da Dreyfus procedono inevitabilmen-
te su due gambe: indagini asinine e procedure storte. Indagini ben fatte masche-
rano le seconde, mentre una corretta procedura generalmente intercetta l’impe-
rizia investigativa. Nel caso del povero Capitano, alle disastrose indagini di Du
Paty de Clam, prima accennate, segue un processo in Corte Marziale privo di
una corretta dialettica, ben definibile “politico”. Il clou della procedura filo-
governativa cade il 22 dicembre 1894. Ai sette giudici militari viene mostrato un
documento, non allegato agli atti del processo: resterà ignoto allo stesso impu-
tato e al suo difensore. Si tratta di un incarto ottenuto ricomponendo i rifiuti
dell’addetto militare all’Ambasciata tedesca a Parigi (attraverso lo stesso canale
s’era ricostruita la cessione di documenti segreti al nemico teutonico): in una
lettera indirizzatagli dall’omologo della sede diplomatica italiana a un certo
punto si legge: «Quella canaglia di D.». Il cerchio, fino a quel momento piutto-
sto debole, si chiude: i sette ufficiali, salvando l’onore dell’esercito e la “perso-
nalità internazionale dello Stato”, sospinti da una rabbiosa stampa revanscista e
antisemita (l’imputato è di origini tedesche ed ebreo), condannano Dreyfus alla
degradazione e alla deportazione perpetua in un recinto fortificato sull’Isola del
Diavolo (allestita ad hoc: prima di Dreyfus e dei suoi carcerieri ospitava un leb-
brosario).
La verità processuale è già confutata nel marzo 1896, a poco più di un
anno dalla traduzione verso l’isola luciferina: Picquart (l’unico che terrà alto
l’onore dell’esercito insieme allo stesso Dreyfus), divenuto nel frattempo capo
del controspionaggio francese, scopre e comunica superiormente che l’infedele
non è l’ufficiale ebreo, bensì il maggiore Esterhazy. In cambio, ottiene: prima
l’estromissione dai servizi segreti, poi l’invio sul fronte africano, quindi il con-
gedo dall’esercito; infine, arresto, processo, condanna, pena detentiva. Mentre
la parabola funesta di Picquart si compie, qualcosa trapela sulle sue scoperte.
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