Page 20 - Rassegna 2021-2_Inserto
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INSERTO
Tra i diversi elementi riepilogati dallo studioso in queste poche righe è cer-
tamente da notare il peso dato all’osservazione paziente e discreta in funzione
dell’inquadramento dell’intera organizzazione terroristica.
Al contrario, mai come innanzi al terrorismo, nella prassi investigativa
come nella riflessione giuridica, saltano fuori vecchie nostalgie per la tortura,
intesa come mezzo ad eruendam veritatem. Ovviamente ci stiamo riferendo al
campo culturale che generalmente indichiamo con l’aggettivo “occidentale”,
visto che al di fuori di esso è ancora largamente praticata. Da tali nostalgie non
sono esenti neanche esponenti liberal. A esempio Alan Dershowitz, anno 2002,
avvocato statunitense campione dei diritti umani, in un clima affetto dalle con-
vulsioni post 11 settembre 2001, giudica accettabile la tortura qualora sia in peri-
colo la «sicurezza nazionale» . Angelo Panebianco, anno 2006, sostiene che
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«deve essere ammessa l’esistenza di una “zona grigia”, a cavallo tra legalità e ille-
galità, dove gli operatori della sicurezza possano agire per sventare le minacce
più gravi» . Anche un maestro del diritto come Francesco Carnellutti, anno
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1947, deplorando le fisime illuministiche sulla incoercibilità della psiche, e sulla
premessa che la pena sia una medicina, giudica nell’«interesse reale» dell’impu-
tato uno stimolo che lo aiuti a una «narrazione veritiera»; tutto sta nel tracciare
«il giusto limite»; qualora trovassimo il modo di non arrecare «notevole danno
al corpo dell’inquisito», «non vi sarebbe alcuna ragione perché non fosse adot-
tato» . Discorsi futili per chi si muove all’interno del “metodo anticrimine”.
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Anche qualora, contro ogni Carta dei diritti, la tortura divenisse lecita (in ambi-
to antiterrorismo taluni la legittimano anche rebus sic stantibus attraverso un’in-
terpretazione quia omnes necessitates dello “stato di necessità”), nel suo perimetro
non troverebbe comunque spazio. L’impostazione tattica che presiede all’uso
della tortura è questa: intercettati uno, due, tre terroristi, li dobbiamo obbligare
a rivelare identità, misfatti e progetti degli altri appartenenti all’organizzazione.
è il giudizio sulla soppressione del Nucleo da parte di S. Rodotà, La risposta dello Stato al ter-
rorismo: gli apparati, in G. PASQUINO (a cura di), La Prova delle Armi, Bologna, Il Mulino, 1984,
pag. 86: «Dopo aver condotto importanti operazioni (si pensi soltanto all’arresto di Curcio),
il Nucleo di Torino viene, infatti, smobilitato, disperdendosene l’esperienza e dimostrando
così di non aver ancora colto la specialità del fenomeno terroristico, di fronte al quale una
controstrategia non poteva essere integralmente risolta nelle prassi esistenti». L’esperienza
del Nucleo venne comunque interamente recuperata con la costituzione dell’“Ufficio del
Generale di Divisione dei Carabinieri per il coordinamento e la cooperazione nella lotta al
terrorismo”, con a capo dalla Chiesa, avvenuta con DPCM del 30 agosto 1978.
(24) A. M. DERSHOWITZ, Terrorismo, Roma, Carocci, 2003, pagg. 125 ss.
(25) A. PANEBIANCO, Il compromesso necessario, in Corriere della sera, 13 agosto 2006, pag. 1; Cfr.
anche: Id., Guerra e stato di diritto, in ivi, 15 agosto 2006, pag. 1; Id., La nuova guerra (negata), in
ivi, 3 settembre 2006, pag. 1.
(26) F. CARNELUTTI, Lezioni sul processo penale, II, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1947, pagg. 168 s.
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