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INSERTO



                  Il che stabilisce anche la discriminante fra interpretazione di un testo e uso
             indiscriminato dello stesso» . Infine v’è l’obiettivo più ambizioso dell’“anali-
                                       (14)
             si”, che costituisce il coronamento del lavoro svolto su tutti i fronti: l’acquisi-
             zione del modus cogitandi. Lo hanno notato anche i brigatisti rossi, primi antago-
             nisti del “metodo anticrimine”: gli uomini di dalla Chiesa sono «Sbirri temuti:
             “C’è una specifica pericolosità ed è la loro capacità di analisi politica e di anti-
             cipazione delle tendenze del movimento rivoluzionario. Tutti i compagni devo-
             no tenerne conto tatticamente, tanto più quelli impegnati in una pratica politica
             illegale”» . Per quanto paradossale possa sembrare, entrare in simpatia con i
                     (15)
             terroristi/criminali  è  l’optimum  dell’investigazione.  Simpatia  qui  va  preso  nel
             senso  etimologicamente  autentico:  bisogna  cercare  di  avvertire  il  medesimo
             pathos che li muove. Per individuarli. Per decifrarne i comportamenti. Per sco-
             vare  rifugi  e  luoghi  di  reclutamento.  Per  anticiparne  le  mosse.  Nonché  per
             entrare in contatto comunicativo se e quando si presenterà l’occasione .
                                                                                 (16)
                  Il  “metodo  anticrimine”,  comprensivo  dell’“analisi”  e  implicante  nuovi
             tempi da imprimere all’attività investigativa, forma la base culturale su cui nasce
             a Torino, il 24 maggio 1974, il Nucleo Speciale di Polizia Giudiziaria, noto come
             Nucleo Speciale Antiterrorismo .
                                           (17)
             (14)  U. ECO, Semiotica e filosofia del linguaggio, Torino, Einaudi, 1997, pag. 110. Sotto il più ristretto
                  profilo della riconducibilità di un testo al suo autore, il Raggruppamento si è avvalso della
                  consulenza di esperti di linguistica al fine di individuare gli estensori anonimi di documenti
                  clandestini, particolarmente rilevanti dal punto di vista penale, diffusi dalle organizzazioni
                  eversive per motivare le proprie azioni. Ci si riferisce, a esempio, alla relazione di consulenza
                  tecnica svolta nel marzo 2000 dal Professore Domenico Proietti intesa a identificare, attra-
                  verso un’analisi linguistico-stilistica e testuale, gli autori/emittenti della rivendicazione del-
                  l’omicidio del Professore Massimo D’Antona, firmata dalle Brigate Rosse - PCC, nonché gli
                  autori di alcuni documenti diffusi negli anni precedenti da militanti e gruppi eversivi contigui
                  all’organizzazione brigatista.
             (15)  A. GALLI, op. cit., pag. 123.
             (16)  Molto significativi, sul punto, sono i ricordi di un protagonista della prima ora della “rivolu-
                  zione” operata da dalla Chiesa, il Generale Mario Mori: «Memori delle direttive di Dalla
                  Chiesa, che ci chiedeva di “studiare” i nostri avversari e di imparare il loro linguaggio per
                  comprenderli e dunque meglio contrastarli, noi tentavamo di instaurare un dialogo. Con tutti.
                  E alcuni lo accettavano. Non sempre questo portava a un loro ravvedimento e a una loro col-
                  laborazione con lo Stato. I più rimanevano anzi saldamente radicati nelle proprie convinzio-
                  ni. Però si riusciva almeno a stabilire quella reciproca comprensione che comunque spesso
                  ci era utile. Vorrei farle capire meglio che cosa poteva significare, nel momento particolar-
                  mente difficile e psicologicamente delicato dell’arresto, “scoprire” l’essere umano che stava
                  dall’altra parte della barricata, che usava le tue stesse espressioni gergali e mostrava di cono-
                  scere il mondo dal quale provenivi. Sa che cosa accadeva? Che, nel corso degli interrogatori
                  di fronte al magistrato, molto spesso i fermati a un certo punto smettevano di parlare e chie-
                  devano di relazionarsi direttamente con noi dell’Anticrimine. E quando un giudice chiedeva
                  loro perché, si sentiva rispondere: “Preferisco parlare con quello lì, perché parla come me!”».
                  M. MORI, G. FASANELLA, Ad alto rischio. La vita e le operazioni dell’uomo che ha arrestato Totò Riina,
                  Milano, Mondadori, 2011, pagg. 46 s.
             (17)  Per più puntuali informazioni storiche vedi G. GOVERNALE, Il ruolo dell’Arma nel contrasto al

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