Page 68 - Rassegna 2020-3
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DOTTRINA
SOMMARIO: 1. Introduzione. - 2. Il giudizio professionale strutturato. - 3. Il giudizio pro-
fessionale strutturato attraverso l’HCR-20 . - 4. L’HCR-20 all’interno di un
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sistema di valutazione integrato. - 5. Conclusioni.
1. Introduzione
La valutazione del rischio di recidiva criminale, e più in generale del com-
portamento violento, costituisce un’area particolarmente rilevante in ambito
giuridico e forense in quanto, oltre a fornire una previsione circa la possibilità
che venga reiterato un crimine, può fornire informazioni determinanti sulla pia-
nificazione degli interventi finalizzati alla gestione e riduzione del rischio del
comportamento criminale .
(1)
Le modalità attraverso cui viene implementata la valutazione del rischio
includono la formulazione di un giudizio basato esclusivamente sull’esperienza
professionale dell’esperto oppure l’utilizzo di appositi strumenti in grado di sup-
portare il professionista nell’analisi dei fattori di rischio di violenza . Quest’ultimi
(2)
vengono generalmente distinti in “statici” e “dinamici” (o “bisogni criminogeni”).
In particolare, i primi fanno riferimento alle caratteristiche che rimangono immu-
tate nel tempo, mentre i secondi corrispondono alle caratteristiche che possono
mutare e il cui cambiamento è associato a una variazione nella condotta criminale.
Tale distinzione si rileva particolarmente utile sul piano trattamentale. I fattori di
rischio dinamici infatti, a differenza di quelli statici, costituiscono gli elementi sui
quali occorre intervenire al fine di ridurre il rischio di recidiva . A titolo esempli-
(3)
ficativo, è possibile annoverare tra i fattori di rischio statici l’appartenenza al sesso
maschile, un’età più giovane del reo criminale, un’età più giovane al momento in
cui è stato commesso il primo crimine violento, la presenza di comportamenti
violenti in passato, la presenza di arresti in passato, e la presenza di rilevanti tratti
della personalità psicopatica. Invece, tra i fattori di rischio dinamici è possibile
individuare la presenza di un grave disturbo mentale, l’abuso di sostanze, la pre-
senza di rabbia incontrollata, un maggiore numero di contatti sociali, la disponi-
bilità di armi e l’accessibilità di potenziali vittime .
(4)
(1) J. BONTA, Offender risk assessment: Guidelines for selection and use, in CRIMINAL JUSTICE AND
BEHAVIOR, 29, 4, 355-379; K. S. DOUGLAS, P. R. KROPP, A prevention-based paradigm for violence
risk assessment: Clinical and research applications, in CRIMINAL JUSTICE AND BEHAVIOR, 2002, 29,
5, 617-658.
(2) J. MONAHAN, J. L. SKEEM, The evolution of violence risk assessment, in K. D. WARBURTON, S. M.
STAHL, Violence in psychiatry, 2016, 17-23.
(3) K. S. DOUGLAS, J. L. SKEEM, Violence risk assessment: Getting specific about being dynamic, in
PSYCHOLOGY, PUBLIC POLICY, AND LAW, 2005, 11, 3, 347-383; J. BONTA, D. A. ANDREWS, The
psychology of criminal conduct, 6 edition, Routledge, New York, 2016.
th
(4) A. J. KIVISTO, Violence risk assessment and management in outpatient clinical practice, in JOURNAL OF
CLINICAL PSYCHOLOGY, 72, 4, 329-349.
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