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DOTTRINA



             ancora una pena perpetua l’argomento della Corte costituzionale che, fino ad
             oggi, ha salvato la sua legittimità non convince. Ci si riferisce al cosiddetto “erga-
             stolo ostativo”, art. 4-bis, comma 1, 1° periodo, L. 26 luglio 1975, n. 354, che
             impedisce, in assenza della collaborazione con la giustizia, a norma dell’art. 58-ter
             ord. penit., l’accesso ai benefici penitenziari dei soggetti condannati all’ergastolo
             per taluno dei delitti indicati nel medesimo art. 4-bis, comma 1, 1° periodo  fatta
                                                                                  (24)
             eccezione per la liberazione anticipata che, tuttavia, non ha alcun effetto pratico
             su una pena che di fatto è condanna perpetua e immutabile. La Corte salva la
             norma muovendo dal rilievo che la subordinazione della liberazione condizionale
             alla collaborazione con la giustizia, che è rimessa alla scelta del condannato, non
             preclude in modo assoluto e definitivo l’accesso al beneficio. Tale argomento non
             è però decisivo e non supera il fatto che legittimerebbe un’ipotesi di pena fissa
             che, come noto, è di difficile compatibilità con il volto costituzionale della pena.
             Tale orientamento necessità tuttavia di una riflessione necessariamente orientata
             alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 13 giugno 2019 (ricorso
             n. 77633/16) di cui si dirà più compiutamente nel prosieguo dopo una necessaria
             analisi anche di tipo comparatistico con altri ordinamenti comunitari.


             3.  Ergastolo e rito abbreviato: vecchi e nuovi problemi di costituzionalità
               e intervento della legge n. 3/2019
                  Altro argomento controverso riguarda il rapporto tra ergastolo e giudizio
             abbreviato. L’art. 442, comma 2, c.p.p. prevedeva, nella versione originaria, la
             sostituzione dell’ergastolo con la reclusione pari ad anni trenta. L’art. 7, comma 1,
             DL 24 novembre 2000, n. 341 (convertito nella L. 19 gennaio 2001, n. 4) ha
             introdotto  la  distinzione  tra  la  pena  semplice  dell’ergastolo,  sostituita  con  la
             reclusione nella misura di anni trenta, e l’ergastolo con l’isolamento diurno sosti-
             tuito con la pena dell’ergastolo semplice (art. 442, comma 2, terzo periodo) .
                                                                                     (25)
                  Tali modifiche normative sono state oggetto di vivace dibattito. La Corte
             europea di diritti umani ha, infatti, ritenuto con la sentenza Scoppola c. Italia,
             la violazione degli artt. 6 e 7 della CEDU  da parte della normativa nazionale
                                                    (26)
             (23)  MANNA, Corso di diritto penale, 2°, Padova, 2012, 558.
             (24)  Corte Cost. 24 aprile 2003, n. 135, cit.
             (25)  RONCO, Art. 22, cit., 195.
             (26)  Violazione dell’art. 6 CEDU, perchè l’imputato ha rinunciato alle garanzie di un processo pub-
                  blico in contraddittorio, in vista di una pena temporanea in luogo dell’ergastolo. Violazione
                  dell’art. 7 CEDU, perché la legge cosiddetta “Carotti”, entrata in vigore dopo la commissione
                  dei fatti ma prima della sentenza definitiva di condanna, rappresentava una lexmitior, di natura
                  sostanziale e non processuale in quanto incidente direttamente sulla misura della pena irroga-
                  bile. Cfr., F. MAZZACUVA, La Convenzione europea dei diritti dell’uomo e i suoi riflessi in materia penale
                  in CADOPPI, CANESTRARI, MANNA, PAPA (a cura di), Trattato di diritto penale, Torino, 2012, 426 ss.

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