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LE MAFIE A ROMA. UNA STORIA A STRATI. DAL DOPOGUERRA AL DUEMILA
Irripetibile e chiusa anche per via di un contesto di cui sarebbe superficiale
ignorare alcuni elementi decisivi, tutti ragione di indebolimento di quelle che in
economia politica costituirebbero altrettante forme di “economie esterne”:
a. la fine della stagione del terrorismo, e insieme delle fisiologiche zone di
ambiguità istituzionale e criminale che ne furono promosse e consentite;
b. il parallelo affermarsi di nuove gerarchie nelle strategie istituzionali di
difesa della legalità, più attente e concentrate nella lotta al crimine organizzato;
c. il progressivo declino dei referenti politici romani stagliatisi più volte
sullo sfondo delle vicende della Banda;
d.il parallelo declino dei poteri giudiziari rivelatisi più docili alle pressioni
politiche, garanti di sorprendenti forme di impunità per alcuni elementi di spic-
co della Banda;
e. il collasso della P2 e il complessivo indebolimento del network massonico;
f. la crisi radicale dei principali referenti criminali esterni alla Banda, per
quanto ipotetici e discontinui: dalla Nuova camorra organizzata di Cutolo alla
Cupola di Cosa nostra.
Naturalmente può essere posto il problema teorico se una esperienza sif-
fatta possa essere “tecnicamente” inclusa in una storia delle mafie a Roma. La
risposta è negativa se si ritiene che le mafie siano solo quelle storiche, espressa-
mente nominate dall’articolo 416-bis del codice penale (tra le quali fra l’altro la
‘ndrangheta già ai vertici della criminalità italiana venne inserita solo nel 2010);
ed è positiva invece se si ritiene che abbia carattere mafioso una organizzazione
che presenti i tre requisiti generali previsti dallo stesso articolo, ovvero quelli
della capacità di intimidazione e di conseguente produzione di situazioni di
omertà e di assoggettamento (“Roma è nelle nostre mani”) . Su questo aspet-
(41)
to si tornerà più avanti con particolare attenzione teorica a proposito di “Mafia
Capitale”. Qui vale comunque rilevare che la storia delle mafie in Italia è ormai
accreditata di un suo spiccato pluralismo, inclusivo tanto delle esperienze tem-
poranee quanto di quelle autoctone (si veda anche la vicenda della “mafia del
Brenta ). E che il problema, qualora ricorrano i requisiti giuridici o sociologici
(42)
del fenomeno, è di rango e non di specie, ovviamente all’interno di certe dimen-
sioni. Qui in ogni caso sia la storia effettiva sia l’attenzione che le è stata dedi-
cata consentono di parlare di una mafia (anomala) di livello del tutto apprezza-
bile, per il controllo del territorio come per l’ubicazione geopolitica, per il grado
di pericolosità come per l’estensione delle relazioni.
Se dovessimo semplificare, e in vista delle nostre riflessioni conclusive,
potremmo dire che dal Dopoguerra agli anni Novanta si sono avvicendate su
(41) Giovanni BIANCONI, Ragazzi di malavita. Fatti e misfatti della Banda della Magliana, cit. 5.
(42) Arianna ZOTTAREL, La mafia del Brenta, Melampo, Milano, 2018.
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