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LE MAFIE A ROMA. UNA STORIA A STRATI. DAL DOPOGUERRA AL DUEMILA
Fin dalla sua origine la Banda, infatti, non si insediò in un territorio vergi-
ne, ma riuscì a imporsi all’interno di un sistema criminale plurale che vedeva
diverse batterie contendersi i quartieri e le borgate della città. Si trattava di grup-
pi inizialmente legati a un’organizzazione tradizionale rispetto alla quale aveva-
no rivendicato progressiva autonomia (come il clan Senese) , spostando il
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centro dei propri affari a Roma, oppure di forme, più o meno raffinate, di cri-
minalità di strada, che vivevano di piccoli reati predatori: rapine e furti, talvolta
piccoli casi di usura, che hanno rappresentato per molti la fase di accumulazio-
ne originaria. Sono per lo più di ristretti nuclei familiari e per questo privi di riti
di affiliazione e caratterizzati da forme di appartenenza fluida . L’ingresso nel
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mercato degli stupefacenti intorno agli anni Ottanta li obbligò a dotarsi di una
struttura organizzativa più solida e in grado di far fronte alle necessità legate al
particolare settore di investimento, come il controllo militare del territorio e la
capacità di gestire gli enormi profitti che ne derivavano.
Si tratta di vicende ricche e altamente eterogenee che non è possibile
richiamare totalmente in questa sede: per questo motivo sarà adottato il quar-
tiere di Ostia come prospettiva di analisi.
Si tratta di un caso ormai considerato di scuola per studiare il processo di
formazione delle mafie autoctone romane, sul quale maggiormente si è concen-
trata l’attività della Procura della Repubblica, come anche l’attenzione degli stu-
diosi . Secondo esperti e investigatori, è a Ostia infatti che bisogna guardare
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per leggere con anticipo quello che avverrà nelle dinamiche del resto della città:
qui a partire dagli anni Settanta, hanno operato diverse organizzazioni, espres-
sione di modelli criminali differenti tra di loro e in grado di trasformarsi pro-
fondamente durante le fasi della loro storia.
Partite dai mercati illegali, sono progressivamente riuscite a intessere
importanti e solide relazioni all’interno dell’area grigia del litorale, tanto da por-
tare nel 2015 allo scioglimento del Municipio per mafia.
Ricorda in merito il collaboratore di giustizia Antonio Mancini che il nome della Banda
della Magliana rappresenta ancora una risorsa spendibile come forma di intimidazione: “Ora
quelli rimasti non hanno bisogno di sparare, il nome glielo abbiamo fatto noi” (intervistato da Salvatore
Maria Righi (L’UNITÀ, 10 dicembre 2007).
(45) Michele Senese è uomo del clan Alfieri e in particolare vicino ai Moccia. Venne inviato a
Roma dopo la guerra di camorra con il compito di cercare i cutoliani rifugiati nella Capitale;
da allora si insediò stabilmente nella zona del Tuscolano.
(46) Uniche eccezioni quelle di Carminati, al quale non è riferibile un vero e proprio clan, e i
Casamonica, che, al contrario, sono un “arcipelago” (Tribunale di Roma, Ordinanza di custo-
dia cautelare nei confronti di Casamonica Antonietta+altri, 2018) di famiglie, saldate attraver-
so matrimoni pianificati secondo le logiche della “endogamia di ceto” (Pino ARLACCHI, La
mafia imprenditrice, Il Mulino, Bologna, 1983), già conosciute nello studio delle ‘ndrine calabresi.
(47) Si ricorda in particolare il lavoro di Martone (Vittorio MARTONE, Le mafie di mezzo. Mercati e
reti criminali a Roma e nel Lazio, cit.).
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