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LE MAFIE A ROMA. UNA STORIA A STRATI. DAL DOPOGUERRA AL DUEMILA



                     Come avvenne nel resto della città, i Triassi non ricercarono il controllo del
               territorio, ma si arricchirono attraverso il traffico di stupefacenti. Divennero anzi
               così potenti che Gaspare Spatuzza, richiesto in un giro di favori mafiosi di ucci-
               derli, cambiò idea e preferì prendere contatti con loro, che “avevano il paese di
               Ostia tra le mani” . Ancora nel 1998 riuscirono a favorire la fuga di Cuntrera,
                                 (56)
               poi arrestato in Spagna . Come nel resto della città, però, sebbene il potere a
                                      (57)
               disposizione dei siciliani fosse sulla carta di gran lunga maggiore, i Triassi, vitti-
               me di un declino inesorabile e mai pienamente chiarito , dovettero sempre
                                                                       (58)
               negoziare la propria presenza nei mercati del litorale con altre organizzazioni:
               prima la Banda della Magliana e poi il clan Fasciani, che all’inizio del Duemila
               prese definitivamente il sopravvento. Ma chi sono dunque questi clan in grado
               di contendere localmente il potere a Cosa nostra? In principio, come detto, fu la
               Banda,  in  particolare  con  la  batteria  di  Ostia  e  Acilia,  guidata  dal  già  citato
               Nicolino Selis. Prima di unirsi al gruppo di Testaccio e di Magliana, gli uomini
               del litorale erano dediti a rapine e furti, ma con i proventi dei primi sequestri di
               persona si inserirono con successo nel traffico di stupefacenti, mantenendone il
               controllo attraverso un utilizzo della violenza quasi spregiudicato, della quale fre-
               quentemente finirono vittime gli stessi capi della batteria. Verso la fine degli anni
               Novanta, i reduci della Banda raccolti sotto la guida di Paolo Frau furono i primi
               a intuire le potenzialità dell’investimento nel settore balneare, che, in anni suc-
               cessivi, costituirà la cifra distintiva delle mafie del litorale. All’ombra della Banda
               cresceva intanto quello che sarebbe poi diventato il vero dominus ostiense, il for-
               naio Carmine Fasciani, di origine abruzzese, trasferitosi a Ostia nel Settanta e
               dieci anni dopo condannato per narcotraffico e poi ancora per usura. Nata come
               organizzazione criminale “domestica”, la famiglia Fasciani fece un primo salto
               di qualità proprio negli anni Novanta, in concomitanza con la fase di declino
               degli uomini della Magliana, quando anche secondo le dichiarazioni del collabo-
               ratore Raul Riva, Carmine Fasciani “faceva da raccordo con tutti quanti” .
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               (56)  Spatuzza proseguiva poi la testimonianza spiegando che i Triassi esercitavano un potere su
                     “tutto quello che si muove: mobile, immobile, anche l’aria, è controllato dai responsabili di zona. Così era
                     per me Brancaccio, a Palermo, e così era per i Triassi a Ostia” (in Alfonso SABELLA, Capitale infetta.
                     Si può liberare Roma da mafie e corruzione?, cit. pag. 114). La vicenda è trattata anche in Tribunale
                     di Roma, Ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Triassi Vito+altri, 2013 e in Tribunale di
                     Roma, Ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Triassi Vito+altri - Memoria DDA, 2013.
               (57)  L’episodio è descritto in Alfonso SABELLA, Capitale infetta. Si può liberare Roma da mafie e corru-
                     zione?, cit.
               (58)  Il declino fu probabilmente legato anche ai contrasti interni all’organizzazione e alle difficol-
                     tà vissute dalla fazione corleonese, alla quale appartenevano.
               (59)  Tribunale di Roma, Ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Roberto Pergola+altri,
                     2004, pag. 34. Secondo il collaboratore Antonio Mancini, in un’intervista rilasciata alla gior-
                     nalista  Angela  Camuso,  fu  addirittura  Fasciani  a  ordire  l’omicidio  di  Frau  (MANCINI,  in
                     Angela CAMUSO, Mai ci fu pietà. La banda della Magliana dal 1977 a Mafia capitale, cit., pag. 225).

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