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LE MAFIE A ROMA. UNA STORIA A STRATI. DAL DOPOGUERRA AL DUEMILA



                     Del  gruppo  -  si  seguano  le  parentele  -  facevano  parte  Antonino
               Buccellato, rappresentante della famiglia di Castellammare del Golfo e cognato
               di Natale Rimi; Giuseppe Corso senior e il figlio Giuseppe, genero di Frank
               Coppola, entrambi di Partinico; Natale Rimi di Alcamo; Gian Battista Brusca e
               Giuseppe Mangiapane di Castellammare e Giusto Sciarrabba di Palermo. A essi
               andava naturalmente aggiunto Frank Coppola. Ma in più, da un certo punto in
               poi, fece da riferimento al gruppo, in quanto esponente di spicco nazionale
               della mafia “moderna” (ovvero quella che primeggiava nel traffico di stupefa-
               centi), Gaetano Badalamenti. Era il nome fin qui mancante al nostro pool di
               comando. Anch’egli era imparentato con i Rimi, essendo il cognato di Filippo.
               E anch’egli cercò di impiantarsi in quella corona siciliana a sud di Roma, con i
               favori della Corte d’Appello di Palermo. Le indagini coordinate dal comandante
               della Legione dei Carabinieri di Palermo, colonnello Carlo Alberto dalla Chiesa,
               e dal questore di Palermo Ferdinando Li Donni denunciarono appunto gli aiuti
               offerti ai boss in sede giudiziaria attraverso le scelte di destinazione di alcuni sog-
               giornanti obbligati. In particolare, colonnello e questore, denunciarono i favori
               ricevuti da Gaetano Badalamenti, inviato a Velletri nonostante le fitte parentele
               su cui egli contava nella zona, e nonostante fosse diventato il punto di riferi-
               mento dei traffici mafiosi su Roma, in particolare dopo la sua elezione a capo
               della Commissione di Cosa nostra .
                                                 (29)
                     A metà degli anni Settanta, Frank Coppola perse il comando del gruppo
               (se  ne  sospettava  infatti  una  sorta  di  doppio  gioco  con  il  questore  Angelo
               Mangano) che passò a Natale Rimi e a Giuseppe Corso jr., autore materiale
               della fuga di Luciano Liggio da Villa Margherita a Guidonia Montecelio. Lo
               stesso Frank Coppola fu destinatario di un provvedimento di invio al soggiorno
               obbligato in Friuli, ma anch’egli, a certificare la storicità dei rapporti di favore
               tra medicina e boss mafiosi, venne ricoverato in una clinica romana.
                     A questo punto lo studioso non può che prendere atto che la mafia sici-
               liana (non ancora chiamata negli atti “Cosa nostra”) aveva allestito un gruppo
               di sfondamento su Roma particolarmente nutrito e prestigioso. E, come notò
               la stessa Commissione parlamentare della VI Legislatura, di intelligenza supe-
               riore al gruppo, guidato da Gerlando Alberti, che parallelamente puntava alla
               conquista del mercato milanese. Non può inoltre non notare che molto poco vi
               è di casuale in questa strategia, dove tutto sembra ben preordinato.
                     Semmai vi è da chiedersi come mai, dopo un simile e prolungato accumu-
               lo di forze, non vi sia stato infine l’assalto a Roma.


               (29)  Rapporto giudiziario del 20 settembre 1971 a carico di Albanese Giuseppe + 84, in Giuseppe
                     GOVERNALE (a cura di), Il Rapporto sui 114. La lotta alla mafia dal questore Sangiorgi al colonnello
                     dalla Chiesa, vol. 3, cit., (pagg. 61-248).

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