Page 25 - Rassegna 2020-3
P. 25
LE MAFIE A ROMA. UNA STORIA A STRATI. DAL DOPOGUERRA AL DUEMILA
1. Natale Rimi faceva notoriamente parte di una dinastia mafiosa. Il padre
Vincenzo Rimi era infatti stato condannato all’ergastolo con l’altro figlio
Filippo per i delitti compiuti come capomafia del trapanese, ed era, al momento
del distacco e dell’assunzione, in carcere.
2. L’1 aprile del 1970 Natale Rimi, con le procedure che sappiamo, assunse
i controlli di legalità sugli enti locali laziali e nel luglio del 1971 venne arrestato
nell’ambito di una vasta operazione antimafia seguita all’assassinio, in maggio,
del procuratore capo della Repubblica Pietro Scaglione, e fu successivamente
indagato per la strage di Ciaculli del 1963 .
(23)
3.Anche da detenuto all’ergastolo Vincenzo Rimi si rivelò in grado di
smuovere a suo vantaggio non solo la politica regionale ma, prima ancora, una
impressionante serie di autorità di governo. È agli atti in proposito un appunto
protocollato del caposegreteria del Sottosegretario di Stato del Ministero della
Giustizia messaggero di una raccomandazione speciale al “Sig. Direttore gene-
rale degli Istituti di prevenzione e pena”. Ministro della Giustizia era allora
Oronzo Reale. Spiegava neutralmente l’appunto che “Vengono rivolte vive
premure affinché i detenuti Vincenzo e Filippo Rimi, rispettivamente padre e
figlio, non siano separati”, dal momento che erano ristretti entrambi nel carcere
di Perugia. E così, anch’egli premurosamente, esortava l’alto funzionario: “Si
prega di volere esaminare con favorevole intendimento la possibilità di acco-
gliere la richiesta”, sollecitando anche a fornire “cortesi, urgenti notizie in
merito”.
L’appunto, datato 6 maggio 1969 e firmato Salvatore Tigano, è certo un
documento prezioso per illuminare il senso pieno di questo passaggio, ossia
l’arrivo nel Lazio di Rimi jr. Anche perché è solo uno dei tantissimi resi pubblici
nella propria Relazione di minoranza del 1976 dal deputato Giuseppe Niccolai,
che chiamano in causa, insieme al ministro, anche i sottosegretari alla Giustizia
Michele Pellicani, Renato Dell’Andro ed Erminio Pennacchini; appunti così
insistiti da generare la dura protesta della Direzione Generale della Pubblica
Sicurezza nei confronti del Ministero di Grazia e Giustizia .
(24)
Senonché, ed ecco il filo che ritorna, a garantire il successo dei disegni
mafiosi nella Regione Lazio, fu un altro dei nomi fatti “disordinatamente”
all’inizio della nostra ricostruzione, Frank Coppola.
(23) Sarebbe poi stato mandato al confino in provincia di Pavia con l’accusa di avere realizzato
un “tentativo di infiltrazione mafiosa nella Regione Lazio”.
(24) Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno mafioso in Sicilia, VI Legislatura, cit., Relazione di
minoranza dell’on. Giuseppe Niccolai, pagg. 1061-1070. Gli auspici di un esito favorevole
della vicenda giudiziaria di Vincenzo e Filippo Rimi andarono comunque a ottimo fine: la
Corte di Cassazione deliberò nel 1971 l’annullamento del processo e la sua ripetizione. I due
imputati furono scarcerati. Il nuovo giudizio di Appello si concluse con una assoluzione per
insufficienza di prove. Nel frattempo Vincenzo Rimi era morto nel 1975 da uomo libero.
21