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DOTTRINA



                  Riguarda Luciano Liggio, capo dei corleonesi ricoverato nella clinica “Villa
             Margherita” di Roma, da tempo considerato uno degli astri dell’organizzazione e
             perciò destinatario di un provvedimento di custodia da parte della prima sezione
             penale del Tribunale di Palermo. Solo che la talpa mafiosa aveva ben scavato nel
             Lazio per quasi vent’anni. Lo aveva fatto a partire da Pomezia, sul litorale sud,
             dove nel 1952 si era andato a stabilire Francesco Paolo detto Frank Coppola, re
             di Partinico e reduce dalle sue lunghe imprese criminali negli Stati Uniti, attivo
             nell’organizzare i rapporti e i traffici di droga con Cosa nostra d’oltreoceano, e
             che vantava stupefacenti rapporti di cordialità con molti politici, tra cui addirittura
             Vittorio Emanuele Orlando . Fu Frank Coppola a fare da regista alla fuga di
                                       (14)
             Liggio dalla clinica. Avvertito del provvedimento giudiziario, disapplicato per
             mesi dalla polizia, Liggio scappò travestito da suora impedendo al Tribunale di
             Palermo di notificargli l’atto di custodia in carcere. La Commissione parlamen-
             tare antimafia della V e quella della VI Legislatura deplorarono duramente le
             responsabilità delle Forze di polizia nella vicenda, gettando luce sul livello delle
             complicità di cui Liggio si era potuto avvalere in quell’occasione . Il boss riparò
                                                                          (15)
             latitante  nel  comune  di  Guidonia  Montecelio,  verso  l’interno  della  provincia
             romana, dove venne custodito e curato fino al 1970, ospite clandestino “impo-
             sto” a un meccanico del paese. Il luogo non fu casuale. Guidonia era punto di
             destinazione o gravitazione di diversi boss al confino. Il suo deus ex machina poli-
             tico  era  un  veterinario  di  Canicattì,  Antonio  Muratore,  destinato  a  diventare
             assessore regionale, senatore e sottosegretario, e a giocare di lì a poco un ruolo
             centrale  proprio  per  le  strategie  di  penetrazione  mafiosa  che  tratteremo.
             Guidonia rappresentava bene le confortevoli aree di sviluppo in cui gli esponenti
             di Cosa nostra si stavano da qualche periodo addensando: una corona di insedia-
             mento mafioso a sud di Roma che da Pomezia, la residenza di Frank Coppola,
             andava  verso  l’interno,  prima  a  Velletri  e  poi  a  nord-est  fino  a  Guidonia  e
             Monterotondo. I boss, a partire da Frank Coppola, controllavano e facevano
             investimenti immobiliari in quelle aree e in altre limitrofe pregiate, mettendo a
             frutto le provvidenze della Cassa del Mezzogiorno: da Torvajanica, che sarebbe
             diventata area turistica di moda, a Fiumicino, dove nel 1961 sarebbe stato inau-
             gurato il nuovo aeroporto della Capitale.
                  È in quell’area che si formò, quasi funzionasse da comitato di accoglienza
             per i nuovi arrivi siciliani, un piccolo e brulicante popolo di “amici degli amici”,


             (14)  Si vedano le lettere riprodotte dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno
                  della mafia in Sicilia, VI Legislatura, Relazione conclusiva, Roma, Tipografia del Senato della
                  Repubblica, 1976, pagg. 263-264.
             (15)  Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno mafioso in Sicilia, V Legislatura, Doc.
                  XXIII, n. 2-septies, Roma; Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia, VI
                  Legislatura, Relazione conclusiva, cit., pagg. 274-275.

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