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ECO AMBIENTE
Environmental Programme), con sede a Nairobi (Kenya), deputato a controllare,
dirigere e gestire i programmi ambientali delle NU e a promuovere i trattati
internazionali in materia.
Vent’anni dopo (nel 1992) un’analoga conferenza a Rio de Janeiro asso-
ciò nel titolo il termine “sviluppo” a quello “ambiente” e si concluse con la
“Dichiarazione di Rio”. Tra i suoi ventisette principi, alcuni sono contrastan-
ti, riflettendo una semplicistica visione terzomondista, ma alcuni principi
sembrano particolarmente rilevanti. Il terzo principio stabilisce che il diritto
allo sviluppo “deve essere realizzato in modo da soddisfare equamente le esi-
genze relative all’ambiente e allo sviluppo delle generazioni presenti e future”.
Il quarto stabilisce che “al fine di pervenire ad uno sviluppo sostenibile, la
tutela dell’ambiente costituirà parte integrante del processo di sviluppo e non
potrà essere considerata separatamente da questo”. Il decimo principio, infi-
ne, considera il ruolo della società civile: “Il modo migliore di trattare le que-
stioni ambientali è quello di assicurare la partecipazione di tutti i cittadini
interessati, ai diversi livelli. Al livello nazionale, ciascun individuo avrà ade-
guato accesso alle informazioni concernenti l’ambiente in possesso delle pub-
bliche autorità, comprese le informazioni relative alle sostanze e alle attività
pericolose nelle comunità, e avrà la possibilità di partecipare ai processi deci-
sionali. Gli Stati faciliteranno e incoraggeranno la sensibilizzazione e la par-
tecipazione del pubblico rendendo ampiamente disponibili le informazioni.
Sarà assicurato un accesso effettivo ai procedimenti giudiziari ed amministra-
tivi, compresi i mezzi di ricorso e di indennizzo”. Si tratta di un principio di
democrazia ambientale, intesa come partecipazione consapevole e informata
dei cittadini ai temi ambientali.
Prendendo spunto da quest’ultimo principio, così come prefigurato a Rio,
nel 1998 venne firmata nella cittadina di Aarhus - in Danimarca - la
“Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione dei cittadini e
l’accesso alla giustizia in materia ambientale” (ratificata dall’Italia con legge del
16 marzo 2001, n. 108).
Tale trattato ha un valore giuridico vincolante per gli Stati che l’hanno rati-
ficata, imponendo loro di “contribuire a tutelare il diritto di ogni persona, nelle
generazioni presenti e future, a vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua
salute e il suo benessere” attraverso l’accesso all’informazione, la partecipazione
ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia.
A questo fine, la Convenzione prevede tre aree di intervento, i cosid-
detti tre “pilastri” sui quali costruire un nuovo modello di democrazia
ambientale:
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