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ECO AMBIENTE



                  Vi rientrano:
                  1. i fiumi, i torrenti e le loro sorgenti, i laghi e le altre acque;
                  2. l’aria; i parchi, le foreste e le zone boschive;
                  3. le zone montane di alta quota, i ghiacciai e le nevi perenni; i lidi e i tratti
             di costa dichiarati riserva ambientale;
                  4. la  fauna  selvatica  e  la  flora  tutelata;  i  beni  archeologici,  culturali  e
             ambientali e le altre zone paesaggistiche tutelate.
                  La  proprietà  dei  beni  comuni  può  essere  pubblica  o  privata,  quello  che
             importa è che sia garantito il loro uso collettivo e la tutela da parte di chiunque
             ne abbia interesse, anche a beneficio delle generazioni future. In assenza di una
             previsione normativa, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza
             n. 3665 del 14 febbraio 2011, ha precisato che sono beni comuni quelli che, indi-
             pendentemente dalla loro proprietà, sono strumentalmente collegati alla realizza-
             zione degli interessi di tutti i cittadini. L’ambiente è certamente il più importante
             dei beni comuni in quanto comprende il bene comune per eccellenza, vale a dire
             la sopravvivenza della specie umana, bene continuamente messo in discussione
             dai cambiamenti climatici, dalla riduzione della biodiversità, dall’aumento della
             popolazione, dalla desertificazione e dalla crisi energetica, dell’acqua e del cibo.
                  Si tratta, dunque, di recuperare lo spirito che avvertivano le piccole realtà
             locali,  fin  dai  secoli  scorsi,  dove  molte  categorie  produttive  avevano  intuito  il
             rischio per le loro comunità di scomparire qualora avessero compromesso le risor-
             se comuni. Per scongiurare ciò avevano sottoscritto un patto sociale per regolare il
             prelievo delle varie risorse naturali attraverso un sistema di regole e di sanzioni (così
             avvenne - ad esempio - per i pescatori in Giappone, per i pastori e i boscaioli in
             Europa e per gli indigeni in Amazzonia). Tali patti, tuttavia, non hanno retto la
             sfida della globalizzazione e sono decaduti nel momento in cui la trazione delle
             economie è passata da locale a globale; in particolare quando i profitti e gli obiettivi
             economici hanno cominciato a prevalere su tutto, anche sui danni permanenti arre-
             cati ai Global commons dalle politiche di sfruttamento intensivo delle risorse su scala
             mondiale. Oggi si assiste alla distruzione delle foreste pluviali per fare posto a
             mono-colture agricole intensive (si pensi alla produzione di olio di palma in Malesia
             e Indonesia dove l’espansione di queste piantagioni ha avuto un pesante impatto
             non solo sulla biodiversità delle aree interessate ma anche sulle popolazioni locali
             che sono state private delle loro terre). La diffusione nell’atmosfera di gas serra, in
             quantità sempre più elevate, incide in modo pesante sul riscaldamento della super-
             ficie terrestre ed ha riflessi anche sul fenomeno dei cambiamenti climatici.
                  Inarrestabile  appare,  poi,  il  fenomeno  illegale  dell’abbandono  di  rifiuti
             (anche pericolosi) a terra e nei corsi d’acqua.


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