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CARDINALE GIANFRANCO RAVASI



               di controllo. Non per nulla le gestioni delle reti sono sempre più affidate alle
               mani di magnati o di «mega-corporations» o di centri di potere che riescono
               abilmente e sapientemente a orientare, a sagomare, a plasmare a proprio uso (e
               ad uso del loro mercato e dei loro interessi) contenuti e dati creando, quindi,
               nuovi modelli di comportamento e di pensiero. Esemplari sono i recenti casi
               legati all’uso strumentale sociopolitico dei dati virtuali o all’irruzione informa-
               tica esterna nelle vicende elettorali di una nazione.
                     Un’ultima osservazione critica riguarda l’accelerazione e la moltiplicazione
               dei contatti ma anche la loro riduzione alla virtualità. Si piomba in una comu-
               nicazione «fredda» e solitaria che esplode in forme di esasperazione e di perver-
               sione. Si ha, da un lato, l’intimità svenduta della «chat line» o di Facebook oppure,
               per stare nell’ambito televisivo, quella dei programmi cosiddetti di reality del
               genere Il grande fratello; si ha la violazione della coscienza soggettiva, dell’inte-
               riorità,  della  sfera  personale.  D’altro  lato,  si  ottiene  come  risultato  una  più
               accentuata solitudine, un’incomprensione di fondo, una serie di equivoci, una
               fragilità nella propria identità, una perdita di dignità. È stato osservato che non
               appena i computer si sono moltiplicati e le antenne paraboliche sono fiorite sui
               tetti  delle  case,  la  gente  si  è  chiusa  nelle  case  e  ha  abbassato  le  serrande.
               Paradossalmente, l’effetto dello spostarsi verso la realtà virtuale e verso mondi
               mediatici è stato quello della separazione gli uni dagli altri e della morte del dia-
               logo vivo e diretto nel «villaggio».


































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