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LIBRI



                                                           Giuseppe Pardini

                                                 PROVE TECNICHE DI RIVOLUZIONE
                                                 L’attentato a Togliatti, luglio 1948
                                                Luni Editrice, 2018, pagg. 352, euro 20,40

                                            L’opera  di  Giuseppe  Pardini,  Professore  associato
                                         all’Università  degli  Studi  del  Molise  e  membro  della
                                         Società italiana di Storia militare, si instrada sul solco di
                                         altri lavori riguardanti il programma insurrezionale del
                                         Partito Comunista Italiano alla fine degli anni ’40 con-
                                         centrandosi,  in  particolar  modo,  sui  fatti  avvenuti  a
                                         seguito  dell’attentato  di  Roma  contro  l’On.  Palmiro
                                         Togliatti, all’epoca Segretario dello stesso PCI avvenuto
                                         il 14 luglio 1948. Il panorama storiografico, a riguardo,
                                         pareva consolidato su una serie di interpretazioni sto-
                                         riografiche  perlopiù  opera  di  storici  come  Victor
               Zaslavsky Gianni Donno e Salvatore Sechi.
                  L’analisi di Pardini, però, riesce a scalfire, ed in certuni momenti anche ad aprire
               una vera e propria breccia in questa struttura consolidata. Ad aiutarlo le carte dello
               Stato Maggiore Esercito (Ufficio “I” informazioni) e Presidenza del Consiglio dei
               Ministri con le relazioni dei Comandi territoriali dell’Arma dei Carabinieri.
                  Quelle carte, finora inedite e mai analizzate storiograficamente si concretizzano
               nelle  visioni  degli  apparati  repressivi  italiani  (Ministero  dell’Interno  e  Ministero
               della Difesa) con il numeroso carteggio che, da una parte i centri controspionaggio
               (Centri CS) inviavano allo Stato Maggiore dell’Esercito, e dall’altra i Prefetti delle
               province italiane ed il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri (sulla scorta
               dei rapporti dei vari comandi legionali) inviavano al Ministero dell’Interno.
                  E queste carte, che necessitano sicuramente di ulteriori approfondimenti, forni-
               scono una prima certezza sbalorditiva: gli scioperi, le aggressioni ed i “moti” che
               avevano fatto seguito all’attentato a Palmiro Togliatti e che sinora erano sempre
               stati considerati come “spontanei” o disorganizzati, in realtà erano il frutto dello
               sviluppo (non completo per la verità e nemmeno eccessivamente efficace) di un
               vero e proprio piano insurrezionale preparato dal Partito Comunista Italiano del-
               l’epoca  e  messo  in  atto  con  la  collaborazione  della  CGIL  e  dell’Associazione
               Nazionale Partigiani.
                  L’analisi dei vari moti, compiuta da militari, poliziotti e carabinieri, si snoda nel
               libro attraverso tutte le province d’Italia ed evidenzia da una parte la pericolosità, la
               forza ed il livello di preparazione - anche militare - che l’Apparato (così veniva defi-
               nita nel gergo del Ministero della Difesa l’apparato paramilitare clandestino comuni-
               sta) riusciva ad avere in determinate aree (Genova, Torino, Milano, Venezia) ma dal-
               l’altra l’assoluta impreparazione o comunque il basso livello di pericolosità che nella
               maggior parte delle province italiane aveva permesso alle forze dell’ordine (solo rara-
               mente con la necessità di supporto di reparti dell’Esercito) di mantenere saldo l’or-
               dine pubblico o farlo immediatamente ritornare a livelli accettabili dopo poche ore.
                  Complessivamente, comunque, il pericolo “comunista” era apparso in tutta la sua
               gravità, quantomeno potenziale. Secondo il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito,
               Efidio Marras, che invierà nell’agosto 1948 una nota riepilogativa a tutti i centri CS
               d’Italia, gli atti insurrezionali, in realtà opera dei maggiorenti comunisti e sindacali
               locali, si erano estinti anche per l’assenza di direttive dalle alte sfere del partito.

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