Page 248 - Rassegna 2020-1
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EVENTI



             c.  Il realismo della critica e l’ottimismo dell’impegno
                  Di fronte a questo orizzonte così problematico, forte può essere la tenta-
             zione  dello  scoraggiamento  e  dell’atteggiamento  rassegnato  o  dimissionario,
             nella convinzione dell’inarrestabilità di un simile processo destinato a creare un
             nuovo standard umano. Non è, certo, logico l’atteggiamento disincarnato di chi
             si rinchiude nel suo piccolo mondo antico, accontentandosi di seguire le regole
             del passato, deprecando le degenerazioni dell’era presente. Per i giovani, poi,
             questo è per eccellenza il loro mondo in cui sono nati e si trovano a loro agio.
                  Il filosofo e sociologo francese Edgar Morin - pur osservando che i nuovi
             mezzi, sorti per distinguere la realtà dalla manipolazione e la verità dalla men-
             zogna, sono stati usati in molti casi proprio per favorire l’illusione, la manipo-
             lazione e la menzogna - ha dimostrato con molti altri studiosi di questi fenome-
             ni come la nuova comunicazione possa, in ultima analisi, generare una realtà più
             ricca e complessa e persino più feconda anche umanamente. Ciò che spesso si
             sperimenta anche a livello religioso e culturale. Il realismo della conoscenza e
             della critica non giustifica, allora, il pessimismo dell’impegno.
                  Concludendo, in questo spirito di apertura, pur nella consapevolezza dei
             limiti  e  delle  criticità  della  scienza  e  della  nuova  comunicazione,  vorremmo
             lasciare la parola a due testimoni diversi ma significativi. Il primo è Steve Jobs,
             il fondatore di «Apple», che in una conferenza all’università di Harvard nel 2005
             affermava: «La tecnologia da sola non basta. È il matrimonio tra la tecnologia
             e le arti liberali, tra la scienza e le discipline umanistiche a darci quel risultato
             che ci fa sorgere un canto nel cuore».
                  La seconda voce è quella di una civiltà lontana ma dotata di un’intensa spi-
             ritualità. È Gandhi che attraverso un settenario ci ricorda la stessa necessità di
             unire umanesimo e progresso:
                  - l’uomo si distrugge con la politica senza principi;
                  - l’uomo si distrugge con la ricchezza senza fatica e senza lavoro;
                  - l’uomo si distrugge con l’intelligenza senza la sapienza;
                  - l’uomo si distrugge con gli affari senza la morale;
                  - l’uomo si distrugge con la scienza senza umanità;
                  - l’uomo si distrugge con la religione senza la fede;
                  - l’uomo si distrugge con un amore senza il sacrificio e la donazione di sé.










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