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OSSERVATORIO INTERNAZIONALE



                  Come crimine contro l’umanità può, infine, diventare componente non
             irrilevante del crimine di genocidio, integrando il bene culturale nella dimensio-
             ne “fisica” e “biologica” della persona .
                                                  (47)
                  Questo percorso della giurisprudenza nelle tre categorie dei crimini con-
             sente di ritenere che la componente culturale è venuta ad accentuare il carattere
             antropocentrico del diritto internazionale umanitario e, di riflesso, del diritto
             internazionale penale.
                  Il contributo della giurisprudenza del Tribunale penale internazionale per
             l’ex Jugoslavia è, quindi, stato rilevante anche in questo campo. D’altra parte, i
             conflitti nei Balcani dell’ultimo decennio del XX secolo si sono caratterizzati
             anche per la ferocia con la quale sono state decise e condotte azioni di attacco
             contro beni culturali. In misura crescente, infatti, il bene culturale non è stato
             mero “danno collaterale” nell’ambito di un attacco portato (e potenzialmente
             circoscritto) al solo obiettivo militare legittimo.
                  In diverse situazioni, al contrario, è stato un elemento essenziale di un
             attacco  inteso  come  “pulizia  etnica”,  un’espressione  di  deliberata  volontà  di
             ledere oggetti e beni che costituiscono il patrimonio che rappresenta l’identità
             più profonda di un popolo o di una comunità.
                  Non possono essere altrimenti capiti gli attacchi alla Biblioteca di Sarajevo
             o al Ponte di Mostar, in quanto privi di qualsivoglia possibile collegamento con
             la necessità militare.
                  Anche nel conflitto del Kosovo del 1999 possiamo ravvisare la presenza
             di questo intento deliberato di colpire nel profondo la cultura e l’identità di una
             comunità. Basti pensare alla distruzione di circa duecento moschee e di circa
             novanta chiese ortodosse.
                  Un ulteriore passo è stato realizzato dalla Corte penale internazionale, il
             cui Statuto di Roma ha sviluppato la nozione di attacco ai beni culturali come
             crimine under international law.
                  La - quantitativamente limitata - giurisprudenza della Corte permette di
             rilevare che tra le pochissime sentenze finora pronunciate si trova quella del 17
             agosto 2017 relativa al caso Ahmad al-Faqi al-Mahdi, accusato (con riferimento
             all’art. 8(2)(e)(iv) di “intentionally directing attacks against 10 buildings of  a religious and
             historical character in Timbuktu, Mali”.
                  Si tratta di una sentenza storica, perché è interamente dedicata al crimine
             di distruzione di “beni” culturali, mentre le altre fanno riferimenti a crimini
             contro “persone”.
                  Come sottolinenao i giudici, quei mausolei “were of  great importance to the
             people of  Timbuktu, who admired them and were attached to them”. “Thus, the Chamber

             (47)  In argomento, cfr. le puntuali osservazioni di M. FRULLI, op.cit.

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