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LA PROTEZIONE DEI BENI CULTURALI NEI CONFLITTI ARMATI



                     La Trial Chamber non concorda con l’opinione che il fatto che un’istituzio-
               ne sia nelle immediate vicinanze di un obiettivo militare “justifies its destruction”.
                     La Camera considera che un crimine secondo l’art. 3 (d) dello Statuto è
               commesso quando sono soddisfatti i requisiti generali della norma la distruzio-
               ne riguardi un’istituzione dedicata alla religione, il bene non sia stato usato a
               scopi militari e l’accusato abbia agito con l’intenzione di distruggere il bene
               stesso .
                     (32)
                     Nella successiva sentenza della Trial Chamber del 1° settembre 2004 nel
               caso Brdanin, si richiama l’art. 3 dello Statuto del Tribunale, affermando che
               “the seizure of, destruction or wilful damage done to institutions dedicated to religion, charity
               and education, the arts and sciences, historic monuments and works of  art and science con-
               stitute a violation of  the law or customs of  war”.
                     Nell’atto  di  accusa,  il  Procuratore  ha  fatto  riferimento  alle  “institutions
               dedicated to religion” (capo 12). Il Tribunale ricorda che queste istituzioni sono
               protette sia dallo Statuto sia da norme di diritto consuetudinario, e che la pro-
               tezione  nei  conflitti  armati  è  anche  stabilita  dagli  articoli  27  e  56  del
               Regolamento dell’Aja, e confermata dal I Protocollo di Ginevra (art. 53) e dal
               II (art. 16).
                     Il crimine commesso contro queste istituzioni si sovrappone solo parzial-
               mente, secondo il Tribunale, a quello degli attacchi illegittimi contro obiettivi
               civili, in quanto si presenta come più specifico. Le istituzioni dedicate alla reli-
               gione godono della presunzione di avere carattere civile e, quindi, della prote-
               zione ai sensi dell’art. 52 del I Protocollo di Ginevra (divenuta ormai norma
               consuetudinaria).
                     Possono essere fatti oggetto di attacchi solo se diventano un obiettivo
               militare. Richiama, poi, l’elemento della mens rea e il fatto che la giurisprudenza
               del Tribunale stabilisce che questo requisito è l’intent (dolus directus). Poiché in
               quanto istituzioni religiose godono della protezione minima accordata ai beni
               civili, “the mens rea requisite for this offence should be equivalent to that required for the
               destruction or devastation of  property under Article 3(b)”. Perciò, il Tribunale è del-
               l’opinione che la distruzione o il danneggiamento volontario recato a istituzioni
               dedicate alla religione “must have been either perpetrated intentionally, with the knowled-
               ge and will of  the proscribed result or in reckless disregard of  the substantial likelihood of
               the destruction or damage” .
                                      (33)
                     La conclusione dei giudici è che essi sono convinti al di là di ogni ragio-
               nevole dubbio che ci sia stato “wilful damage” a edifici religiosi musulmani e cat-
               tolici da parte delle forze serbo-bosniache.


               (32)  Judgement del 31 marzo 2003, Case No. IT-98-34-T, § 604-605.
               (33)  Judgement del 1° settembre 2004, Case No. IT-99-36-T, §§ 594-599.

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