Page 150 - Rassegna 2020-1
P. 150

OSSERVATORIO INTERNAZIONALE



                  Rispetto  alla  protezione  contro  gli  effetti  delle  ostilità  (art.  8)  le  Parti
             dovranno, “al massimo delle loro possibilità”, rimuovere i beni mobili dalla vici-
             nanza ad obiettivi militari o fornire “adeguata” protezione in situ, ed evitare di
             posizionare obiettivi militari in prossimità di beni culturali. È evidente che que-
             sto criterio vale per le nuove dislocazioni di potenziali obiettivi militari.
                  La cattedrale di Colonia era - ahimé - nel corso della Seconda guerra mon-
             diale collocata di fronte a due obiettivi militari preesistenti al conflitto: la sta-
             zione ferroviaria e il ponte Hohenzollern.
                  Apprezzabile, in questa prospettiva, l’ordine impartito dalle autorità mili-
             tari tedesche il 19 giugno 1944 di spostare le installazioni dal centro storico di
             Firenze all’esterno dei grandi viali delle antiche fortificazioni, per risparmiare
             al tesoro artistico della magnifica città i prevedibili danni delle operazioni bel-
             liche.
                  Il II Protocollo, infine, integra la Convenzione e i generali obblighi di sal-
             vaguardia e di rispetto con una serie di divieti ed obblighi relativi al regime di
             occupazione bellica (art. 9). L’occupante dovrà vietare e prevenire:
                  ➢ l’esportazione, la rimozione o il trasferimento illecito di beni;
                  ➢ lo scavo archeologico, tranne quando sia strettamente richiesto per sal-
             vaguardare, registrare o conservare beni culturali;
                  ➢ l’alterazione o la modifica di uso di beni che abbia scopo di celare o
             distruggere reperti culturali, storici o di valore scientifico.
                  Su  questo  punto,  i  gravi  fatti  verificatisi  in  seguito  alla  conquista  di
             Baghdad da parte delle forze di occupazione degli Stati Uniti e dei loro alleati
             nel 2003 richiedono una accurata riflessione. Sembra che non si sia fatto dav-
             vero il possibile per “vietare e prevenire” pesanti danneggiamenti ed estesi sac-
             cheggi, privilegiando la difesa di altri e edifici e trascurando quella - doverosa -
             di quelli che custodivano beni culturali. Ovviamente, va tenuto conto che i due
             più  importanti  Stati  occupanti  l’Iraq  non  erano  firmatari  della  Convenzione
             dell’Aja.
                  Da ultimo, qualsiasi operazione di scavo o alterazione o modificazione
             d’uso di beni in territorio occupato dovrà, “salvo che le circostanze non lo per-
             mettano”, essere espletata in stretta collaborazione con le Autorità nazionali
             competenti del territorio occupato.
                  Un’ulteriore parte del Protocollo appare apprezzabile. Si tratta della previ-
             sione di una dimensione istituzionale, con la creazione di un Comitato per la
             protezione dei beni culturali, e di quella di un Fondo. Entrambe le previsioni si
             ispirano alla positiva esperienza della Convenzione sulla protezione del patri-
             monio culturale e naturale mondiale. Il debole apparato istituzionale previsto
             dalla Convenzione del 1954 non si è rivelato praticabile.


             148
   145   146   147   148   149   150   151   152   153   154   155