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OSSERVATORIO INTERNAZIONALE



                  Il rispetto è delineato essenzialmente in termini «negativi», cioè in chiave di
             obbligo di astensione. L’art. 4 impone, infatti, agli Stati firmatari alcuni obblighi
             specifici cui ottemperare fin dal tempo di pace. In particolare, si afferma che
             l’impegno a «rispettare» i beni culturali comporta l’astensione dalla utilizzazione
             di tali beni per scopi che potrebbero esporli a distruzione o deterioramento in
             caso di conflitto armato. In tempo di guerra, invece, scatta l’obbligo di astensio-
             ne dagli atti di ostilità  contro i beni oggetto della protezione. La norma si
                                  (13)
             applica anche ai conflitti armati non-internazionali che abbiano luogo nel terri-
             torio di una delle parti.
                  Essa è, poi, completata dall’impegno a prevenire e far cessare furti, sac-
             cheggi o sottrazioni di beni culturali, atti di vandalismo, nonché requisizioni, e
             dal divieto di rappresaglia.
                  L’unica deroga ammessa è collegata alla necessità militare che deve, tutta-
             via, essere «imperativa». L’obbligazione di «rispetto» vincola lo Stato belligeran-
             te anche quando il bene è utilizzato dal nemico per finalità militari. Uno dei
             principi fondamentali del diritto internazionale umanitario impone che sia sem-
             pre  ricercato  l’equilibrio  tra  necessità  militare  e  principio  di  umanità.  Sono,
             comunque, vietati gli atti di rappresaglia contro i beni protetti: si tratta di un
             divieto assoluto, non suscettibile di alcuna eccezione (art. 4, § 4). Non bisogna
             dimenticare che le Convenzioni dell’Aja del 1899 e del 1907 non impedivano
             che si ricorresse alle rappresaglie, e il belligerante poteva attaccare il bene cul-
             turale con il pretesto che il nemico non aveva rispettato le norme del diritto bel-
             lico, al fine di costringerlo a rispettare le norme in futuro .
                                                                    (14)
                  A rendere stringente il sistema è la circostanza che la responsabilità della
             protezione grava sia sullo Stato che si trova nella materiale possibilità di con-
             trollare il bene, sia sulla parte avversaria. L’art. 4, poi, esclude espressamente
             che la violazione degli obblighi di salvaguardia da parte di uno Stato contraente
             svincoli gli altri Stati contraenti dall’osservanza degli obblighi di rispetto.
                  Complessivamente, il generale divieto di attaccare un bene culturale, pre-
             scindendo dalla sua illegittima utilizzazione per scopi militari da parte del nemi-
             co, accompagnata dalla possibilità di derogare invocando la necessità militare,
             sempre prescindendo dalla eventuale illegittima utilizzazione da parte del nemi-
             co per scopi militari, sono il punto debole del sistema di protezione .
                                                                              (15)

             (13)  I termini “attacchi” e “atti di ostilità”, adoperati nei testi convenzionali qui esaminati, devono
                  intendersi  equivalenti.  Cfr.  D.  FLECK  (Ed.),  The  Handbook  of   Humanitarian  Law  in  Armed
                  Conflicts, Oxford, 1999, pag. 387.
             (14)  Cfr. A. GIOIA, La Convenzione dell’Aja del 1954, in F. MANISCALCO (a cura di), La tutela del patri-
                  monio culturale in caso di conflitto, vol. II, Napoli, 2002, pag. 12.
             (15)  A. GIOIA, op. cit., pag. 18, sottolinea opportunamente come si tratti di una impostazione non
                  realistica.

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