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LA CONFIGURAZIONE DEL DANNO PATRIMONIALE NELLE IPOTESI
DI TRUFFA MILITARE SULLE INDENNITÀ DI MISSIONE
fetario, prescelto proprio per la sua maggiore economicità, e che il maggior
costo in astratto della missione in regime ordinario, rispetto a quello forfetario
liquidato al militare, costituisse un dato pacifico e scontato, presente in atti sin
dall’inizio del processo e anche più volte evidenziato dai giudici di merito, sic-
ché doveva ritenersi inverosimile che la Cassazione avesse per due volte rinviato
il processo alla Corte territoriale con lo specifico incarico di effettuare un cal-
colo che in realtà era già ampiamente acquisito.
Sottolineava, ancora, il ricorrente che, aderendo all’impostazione della
decisione impugnata, si perverrebbe all’incongrua conclusione che qualunque
condotta truffaldina posta in essere dal militare nel contesto di una missione
liquidata in regime forfetario dovrebbe ritenersi, comunque, penalmente lecita,
in quanto mancherebbe sempre il pregiudizio economico per
l’Amministrazione Militare, essendo l’importo in concreto erogato col regime
forfetario indefettibilmente inferiore all’importo astrattamente erogabile in
regime ordinario. Quindi, secondo il Procuratore Generale Militare, per perve-
nire a corrette conclusioni circa la sussistenza di un pregiudizio economico per
l’Amministrazione militare, il giudice di appello avrebbe dovuto porre a raf-
fronto l’importo effettivamente corrisposto al militare per le missioni con quel-
lo che sarebbe stato liquidabile al militare in regime ordinario, ma non in astrat-
to, bensì avendo riferimento alla concreta condotta dal medesimo tenuta in
occasione di ciascuna delle missioni, quindi basandosi sulle spese effettivamen-
te sostenute, cioè su gli effettivi pernotti e le effettive consumazioni di pasti, e
non su spese “virtualmente” calcolate.
Un raffronto siffatto, concludeva il ricorrente anche sulla base di dati rica-
vati dalla menzionata relazione del consulente, avrebbe condotto a constatare
che il militare aveva percepito somme superiori a quelle che gli sarebbero spet-
tate, con conseguente ravvisabilità del contestato reato di truffa ai danni
dell’Amministrazione Militare.
La Corte di cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso del
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Procuratore Generale Militare, osservando in motivazione che «[…] la censura
del ricorrente non riguarda tanto la correttezza della conclusione alla quale il
(6) Cass., Sez. I, sentenza n. 29158 del 13 settembre 2016 (dep. 12 giugno 2017) e Cass., Sez. I,
sent. n. 44408 del 2 dicembre 2016 (dep. 26 settembre 2017).
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