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LA CONFIGURAZIONE DEL DANNO PATRIMONIALE NELLE IPOTESI
DI TRUFFA MILITARE SULLE INDENNITÀ DI MISSIONE
Nel ricorso venivano mosse ulteriori censure sulla completezza e logicità
della motivazione della sentenza in ordine ai riscontri sull’effettiva durata delle
missioni oggetto dell’imputazione, che qui non rilevano, essendo estranee alle
questioni di diritto afferenti all’accertamento della sussistenza nella specie di un
danno economico per l’Amministrazione.
Il Procuratore Generale Militare, riguardo al profilo che qui interessa,
aveva lamentato che la Corte Militare di Appello avesse ritenuto ininfluente l’in-
dicazione, relativamente al momento di inizio della missione, di orari e giorni
diversi da quelli di effettiva intrapresa del viaggio per raggiungere il luogo di
espletamento della missione stessa e dell’eventuale interruzione per il periodo
notturno della permanenza in tale luogo, sottolineando il contrasto con il
disposto del DPR 13 giugno 2002, n. 163, art. 7, comma 9, secondo il quale l’in-
dennità forfetaria di missione viene erogata per ristorare il militare delle spese
sostenute, nel presupposto della sua effettiva presenza per ventiquattro ore
consecutive nel luogo di svolgimento della missione, a prescindere dai profili
temporali della concreta prestazione di attività di servizio fuori sede.
Inoltre, secondo il ricorrente, i giudici di appello erano incorsi anche nel-
l’erronea applicazione dell’art. 8 della legge 18 dicembre 1973, n. 836, il quale
stabilisce che il giorno e l’ora di inizio della missione devono risultare dal prov-
vedimento con cui la missione è disposta, a significare non che la liquidazione
avviene in riferimento agli estremi temporali indicati dall’autorità che ordina la
missione, ma che da quel momento il dipendente è autorizzato ad allontanarsi
dalla sede di servizio per raggiungere quella destinazione, mentre la liquidazione
deve avvenire in base ai dati ricavabili dai fogli di viaggio, che nel caso di specie
riportava dati non veritieri per prolungare fittiziamente la durata della missione
ad almeno ventiquattro ore. Quindi, ad avviso del Procuratore Generale
Militare, in tutti i casi in cui il militare aveva indicato falsamente orari di inizio
e di conclusione delle missioni, percependo emolumenti in misura superiore a
quanto dovuto, risultava integrato il delitto di truffa militare contestato ed erro-
neamente escluso dai giudici di appello.
La Corte di cassazione accoglieva entrambi i ricorsi, annullando la deci-
(2)
sione di merito.
(2) Cass., Sez. I, sentenze n. 39544 e n. 39545 del 13 giugno 2014 (dep. 25 settembre 2014).
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