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PANORAMA DI GIUSTIZIA MILITARE
attestante un orario successivo a quello reale può avere effetto sulla quantifica-
zione dell’indennità spettantegli, giacché in tale ipotesi la missione risulta avere
una durata maggiore a quella effettiva e ciò può comportare la corresponsione
di un’indennità superiore a quella dovuta, come ad esempio, in caso di missioni
continuative, con il superamento della soglia di ulteriori ventiquattro ore, che
comporta il pagamento di un giorno intero di missione (per euro 110,00) in
luogo della quota ridotta (euro 50,00), dovuto in caso di prosecuzione della mis-
sione per periodi non inferiori alle dodici ore continuative, ovvero l’indebita
liquidazione dell’indennità, ove l’effettiva durata della missione fosse stata infe-
riore alle dodici ore.
Quindi, in questa ipotesi, ad avviso dei giudici di secondo grado, si era in
presenza di una condotta consapevolmente fraudolenta, idonea a indurre in
errore gli addetti alla liquidazione e finalizzata al conseguimento di un illecito
profitto, costituito dalla differenza tra l’indennità che sarebbe spettata in rela-
zione alla reale durata della missione, e quella, superiore, derivante dall’artificio-
so allungamento della sua durata.
Di qui la conferma della condanna dell’imputato soltanto per gli addebiti
in cui la non veridica indicazione dell’orario di fine missione aveva determinato
un artificioso allungamento della durata della stessa, con il conseguimento di
una indennità superiore a quella dovuta.
Avverso la decisione era stato ricorso per cassazione sia dal difensore sia
dal Procuratore Generale Militare presso la Corte Militare di Appello.
Il primo ricorrente aveva contestato che la legge n. 836 del 1973, al
comma 1 dell’art. 8, prescrive che l’ora ed il giorno di inizio della missione deb-
bano risultare dal provvedimento che ha disposto la missione e quelli di con-
clusione da dichiarazioni dell’ufficio presso il quale o nella cui giurisdizione si è
svolta la missione. Pertanto, secondo il difensore ricorrente, le dichiarazioni del-
l’interessato non avrebbero il potere di modificare in suo favore la durata del
servizio. Inoltre, sempre secondo il ricorrente, la sentenza non aveva replicato
a tutti i rilievi formulati nell’appello circa l’assenza di dolo in ragione della
volontà dell’imputato di consentire un risparmio all’Amministrazione e l’avve-
nuta liquidazione dell’indennità di missione in modo corretto e secondo legge,
indipendentemente da qualsiasi dichiarazione del ricorrente.
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